Tbilisi protesta senza sosta e adesso il governo vuole imporre il suo capo dello stato. Salomé Zourabichvili: io resto qui
Per la prima volta dall’indipendenza della Georgia, non saranno i cittadini a scegliere il loro presidente, ma sarà un consiglio di trecento parlamentari in maggioranza del partito Sogno georgiano, che ha mascherato la decisione dicendo che il cambiamento era necessario per trasformare il paese in una repubblica parlamentare a tutti gli effetti. Scegliendo direttamente il capo dello stato, Sogno georgiano elimina anche l’ultimo contrappeso che era rimasto in questi ultimi anni e toglie di mezzo personaggi scomodi come la presidente uscente, Salomé Zourabichvili, che ha cercato di tenere unita l’opposizione, non ha riconosciuto il risultato delle elezioni di fine ottobre denunciando i brogli che il governo non ha voluto investigare.
Il voto per il nuovo presidente si tiene oggi, i giorni di Zourabichvili nel suo palazzo stanno scadendo e senza la sua figura la piazza che continua a manifestare nonostante il freddo e gli idranti della polizia perderà una colonna istituzionale. La presidente ieri ha parlato ai suoi cittadini, ha detto: “Sono qui e rimarrò qui”, non ha potuto fare molto per cambiare le azioni del governo, ma ha cercato di mantenere aperto il canale con i paesi occidentali e ieri anche il presidente francese Emmanuel Macron ha mandato un messaggio ai georgiani. Il prescelto da Sogno georgiano per la presidenza è Mikheil Kavelashvili, ex calciatore, come il sindaco di Tbilisi, Khaka Khaladze, ma con meno successi atletici da rivendicare. Kavelashvili è stato presentato proprio dal fondatore di Sogno georgiano Bidzina Ivanishvili: “Un atleta di successo che ha difeso l’onore della Georgia”. La sua attività politica è sconosciuta, Sogno georgiano è soltanto in cerca di un presidente comodo, remissivo, di un’istituzione vuota. Per sedici giorni senza sosta i georgiani sono scesi in strada, hanno resistito alle minacce, sono rimasti uniti. La giornata di oggi è vista come uno schiaffo ulteriore alle aspirazioni della Georgia che si è vista chiudere la porta verso l’Europa dal suo stesso governo.