San Ruffini delle uscite: le dimissioni negoziate con Giorgetti e l’idea delle primarie di centro

Lascia l’agenzia delle Entrate. Il governo: “Fa la vittima”. Incontra nuovamente Giorgetti per i tempi d’uscita ma esclude al momento la politica. In pole Alesse e Carbone per sostituirlo

San Ruffini dell’uscita. Il direttore santo dell’Agenzia delle Entrate si è dimesso, il centro è resuscitato, secondo le scritture di Dario Franceschini, il governo Meloni si è risentito. Ma San Ruffini fa miracoli. L’ideuzza: per legittimare, rilanciare un’area di centro, cosa ci sarebbe di meglio che delle primarie con Sala, Renzi, Ruffini, Calenda, Pastorella, Franco Gabrielli? Ora gira questa. L’ex senatore Pd, Luigi Zanda dice che il Santo ha fatto benissimo a lasciare, “elegantissimo”. Il Santo si è rivisto con Giorgetti, il curato di campagna del Mef, per negoziare l’uscita. Per il governo è un problema. Il Santo era una fonte battesimale di cash. Un’offerta per Giorgetti.



Il vangelo di San Ruffini è possibile trovarlo presso la chiesa di padre Beppe Fioroni, l’ex ministro dell’Istruzione, cattolico che però mette le mani avanti, giunte: “Adesso deve muoversi la base”. Il discorso di San Ruffini ai fedeli, alla Lumsa, è stato pubblicato su “Il Domani d’Italia”. Le due parole, cardinali, di San Ruffini sono “bene” e “comune”. E infatti ha detto a Giorgetti, mercoledì sera, “pace e bene, fratello mio”. Dobbiamo dire la verità. Il Santo non si è ben capito cosa voglia fare. I retroscena apocrifi: “Ma non è che si è dimesso e magari per un incarico nel privato? Altri apocrifi: “Non regge. Il suo è un gesto politico”. Da contratto, dal deposito delle dimissioni, all’uscita, servono quattro mesi di preavviso, salvo deroghe. Il Foglio ci aveva azzeccato che si dimetteva perché insieme al pastorello Minzolini aveva avuto un’apparizione come quella di Lourdes. E ora ne abbiamo un’altra. Ci spiegano i dottori della Chiesa che anche ai santi serve una legittimazione. Insomma, delle primarie di centro che avrebbero la grande funzione di tappezzare i giornali almeno fino alla prossima domenica delle Palme, risolvere i problemi ai cronisti che ogni mattina vengono scossi dai loro capi: moltiplica i pani e i pezzi. Ma prima di parlare dei miracoli del Santo, diamo la parola ai delusi di San Ruffini. Frate Marco Osnato, di FdI, presidente della Commissione Finanze, il vero Blackrock di Meloni, ci sussurra, in cappella, che l’intervista di Ruffini rilasciata al Corriere della Sera, a Fiorenza Sarzanini, la papessa, non gli è piaciuta per nulla. Perché, frate Osnato? Confessati al Foglio: “Cari Foglianti, la trovo un’intervista contradditoria”. Dì, Frate Osnato, quante volte San Ruffini ha nominato il nome di Meloni invano? “Innanzitutto si lamenta di una parola ‘pizzo di stato’ pronunciata due anni fa, e se ne ricorda dopo due anni, ma poi, nell’intervista, riconosce che i suoi migliori risultati li ha ottenuti con il nostro governo. Ecco la contraddizione. Mi sembra che faccia vittimismo”. Continua Frate Osnato, quante volte San Ruffini ha desiderato il centro d’altri? “Ha enfatizzato l’avversione verso il governo e verso la nostra equità fiscale. Detto questo gli auguro buon lavoro”. Frate Osnato, anima candida, alla fine, lo assolve con la formula “ego San Ruffini absolvo a peccatis tuis in nomine Melonis et Fazzolaris et Spiritus Patrizia Scurtis. Amen”. Nel Pd invece sembra la notte del Vitello d’Oro. Elly Schlein corre oggi da Paolo Ciani, per un seminario, con Marco Tarquinio, Marco Impagliazzo della Comunità di Sant’Egidio, e Don Mattia Ferrari. Calenda si scatena come Salomè con Erode e dichiara che gli sembra di vivere la scena di Corrado Guzzanti quando interpreta Veltroni: “Chi possiamo candidare? Amadeo Nazzari!”. Il Santo può però contare sulla confraternita dei Prodiani scalzi: i Castagnetti, Arthur Parisi, Prodi, e come racconta un fratachione del Pd: “Guarda che San Ruffini non fa una cosa di centro. Intanto è simpatico, pensa che era perfino Pippo Civatiano, che si rivela il miglior talent scout italiano. A San Ruffini basta andare in tv e dire: ‘So io come organizzare un fisco giusto. Io so dove trovare i soldi. Le ultime leggi di Bilancio, Giorgetti le ha chiuse grazie al Santo”. L’arcivescovo Luigi Zanda che quest’anno agli amici regala la strenna “Gernika” (un gioiello di edizione fuori commercio, si tratta di capitolo de “Il potere dell’arte di Simon Shama) nella sua omelia telefonica ci dice che è colpa del governo Meloni, che evidentemente non avrebbe garantito a Ernesto le migliori condizioni per predicare. Una buona notizia c’è. Il povero viceministro Leo, il buonuomo Leo, che ha il cognome di un leone ma che mangia verdurine, ha smesso di tormentarsi. Va trovato un sostituto di Ruffini. La strepitosa Gabriella Alemanno di Consob, pare che non lo possa fare perché pensionata, il nome forte resta Roberto Alesse delle Dogane, ma c’è poi Vincenzo Carbone, il vice vicario di Ruffini, molto apprezzato da Leo. Un altro ancora è Renato Loiero, il teologo della liberazione economica di Meloni. Alle Entrate, manca già. Il Santo ora siede alla destra di Franceschini e benedice. Questa sera quando tornate a casa date una carezza ai vostri, figli. E’ la carezza di San Ruffini delle uscite.

Di più su questi argomenti:

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

Leave a comment

Your email address will not be published.