La Polonia mette sotto tutela l’informazione contro le ingerenze

Donald Tusk inserisce due televisioni nell’elenco delle aziende di importanza strategica. L’efficacia e i limiti di una mossa anti Orbán

A ottobre dello scorso anno, in Polonia si tenevano le elezioni legislative e guardare la televisione era un esercizio imprescindibile per capire le cause delle forti divisioni nel paese. L’emittente di stato, TvP, durante la campagna elettorale, trasmetteva in modo incessante servizi sulla violenza dei migranti musulmani in Europa e la morale era semplice: guardate la Svezia, guardate la Francia, se non volete che pure la Polonia si trasformi in un mercato per migranti aggressivi e approfittatori non votate l’opposizione che vi svenderà a Bruxelles.

TvP era stata sottoposta a otto anni di stravolgimenti da parte del governo del PiS, che aveva trasformato l’emittente non soltanto in un organo favorevole al partito di maggioranza, ma in un megafono di propaganda in cui la realtà veniva sovvertita, i politici dell’opposizione venivano presi di mira, ridicolizzati e mai invitati per smentire le accuse rivolte. L’altra emittente molto seguita in Polonia è Tvn, appartiene all’americana Discovery, non ha lo stesso pubblico di TvP, ma negli anni ha fatto da contrappeso all’organo di propaganda del PiS. Alle elezioni, il PiS fu superato dalla coalizione di tre partiti di opposizione, il più grande è la Coalizione civica dell’attuale premier Donald Tusk che, appena arrivato al governo, ha messo ordine dentro TvP.

Negli ultimi mesi, la stampa polacca ha riportato che Discovery cerca acquirenti per Tvn e gli interessati sarebbero il gruppo ceco Ppf e l’ungherese Tv2Media. Le voci si sono fatte sempre più fitte, al punto che il destino, come aveva scritto il sito Onet, sembrava “già deciso” e puntasse verso il gruppo ungherese di Jozsef Vida, uno degli uomini d’affari più ricchi dell’Ungheria, molto vicino a Lorinc Mészáros, conosciuto come il faccendiere del premier Viktor Orbán. Sulla stampa era già comparso anche il nome del prossimo capo di Tvn: Daniel Obajtek, politico del PiS, ex capo della Orlen, l’azienda petrolifera polacca. Tusk ha preso una decisione che non ha precedenti e ha inserito Tvn e Polsat, un’altra emittente che potrebbe essere venduta per questioni di liti famigliari, nell’elenco delle aziende di importanza strategica: il governo polacco considera le loro attività così importanti da avere il diritto di bloccare i cambiamenti di proprietà.

Orbán ha capito con largo anticipo quale fosse il valore dell’informazione per fermare le opposizioni, ha azzerato il pluralismo nel suo paese, la maggior parte delle testate è finita nelle mani di miliardari alleati e altri miliardari alleati hanno creato nuove testate, anche in inglese, per influenzare l’opinione pubblica. Dietro a Orbán si fa largo la presenza della Russia che si è inserita in campagne di disinformazione in tutto il mondo e la vicinanza tra il premier ungherese e il Cremlino ha messo in allerta la Polonia: Tusk teme che Tvn possa diventare un cavallo di Troia per la disinformazione di Mosca. Il tema è sensibile per un paese che confina con l’Ucraina, che ha aumentato le sue spese militari per paura di una futura guerra contro la Russia e che punta a diventare uno degli alleati più importanti dentro la Nato. Tusk ha deciso di mettere l’informazione sotto la tutela del governo, riconoscendo che in un contesto di guerra, mettere nelle mani di Orbán un canale televisivo sarebbe come lasciare volontariamente un pertugio per l’ingresso degli interessi di Mosca.

Il PiS ha criticato la decisione del governo, ma quando ancora era al potere ha cercato di fare una mossa uguale e contraria. Per anni il partito aveva promesso un’agenda volta a polonizzare i media e voleva che anche Tvn fosse ceduta dagli americani a un gruppo polacco, per questo fece votare la lex Tvn, che venne fermata in Parlamento. Tusk adesso dovrà chiarire perché, dopo aver criticato la lex Tvn anche nel nome del libero mercato, ha invece messo due canali privati sotto la tutela del governo. Anche l’informazione fa parte della sicurezza di un paese, soprattutto quando si trova ad affrontare una potenza che usa la manipolazione come arma.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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