Il senso della matematica ai tempi dell’intelligenza artificiale

La matematica è il linguaggio attraverso cui traduciamo la complessità del mondo in strutture comprensibili. È una necessità fondamentale per garantire che la conoscenza non ci sfugga di mano, per essere padroni del nostro futuro

Il direttore di questo giornale mi ha posto una domanda interessante. Che senso ha la matematica nella stagione delle intelligenze artificiali e dei calcoli automatizzati? Rispondere appare oggi ancora più urgente, sia considerando le capacità di calcolo e matematizzazione (inclusa la scoperta di nuove prove matematiche) delle macchine attuali, sia se ipotizziamo la futura creazione di macchine realmente dotate di intelligenza, capaci cioè non solo di eseguire calcoli, ma di comprendere ed esaminare in modo “umano” i risultati che esse stesse producono.

Ecco qualche considerazione per provare a rispondere.

La matematica non è soltanto un insieme di tecniche per risolvere problemi: è una forma di ragionamento, un metodo per organizzare il pensiero e comprendere la realtà. Se le macchine raggiungessero un livello di intelligenza autentica, in grado di generare, analizzare e interpretare nuove teorie matematiche o scientifiche, e se noi decidessimo di delegare a quelle lo sviluppo di nuove teorie matematiche sul mondo e quindi lo sviluppo della scienza a nostro beneficio, il rischio non sarebbe tanto la loro superiorità tecnica, quanto la perdita della nostra capacità di controllare i processi alla base del sapere. Il punto non è che le macchine diventino superiori in certi compiti cognitivi all’essere umano: il punto è non rinunciare, solo per questo, a esercitare al meglio possibile quei compiti con il nostro cervello biologico, senza in particolare perdere la nostra abilità nel ragionamento matematico. La matematica, infatti, è il linguaggio attraverso cui traduciamo la complessità del mondo in strutture comprensibili, rendendo possibile la formalizzazione delle nostre intuizioni naturali e fornendo una base comune per esplorare, verificare e comunicare idee. Essa non è solo uno strumento utile, ma il fondamento stesso su cui costruiamo la nostra capacità di ragionare e comprendere la realtà in tutta la sua ricchezza. Questo è già da solo un argomento sufficiente a non abbandonarla per così dire “per comodità”, in presenza di ipotetici matematici digitali.

Vi è di più, tuttavia. Immaginare macchine intelligenti implica affrontare un paradosso: proprio nel momento in cui queste diventassero capaci di comprendere, la nostra competenza matematica diventerebbe ancora più cruciale. Senza di essa, saremmo relegati a un ruolo passivo, incapaci di verificare, interrogare o guidare le scoperte che esse producono. La matematica è solo uno strumento per interagire con le macchine, ma la condizione stessa per mantenere la nostra autonomia nel loro controllo. In presenza di intelligenze superumane, sarebbe l’unico mezzo per continuare a dialogare con esse su un piano di parità e per garantire che le scelte e le interpretazioni fondamentali rimangano ancorate a una comprensione umana.

Le basi epistemologiche della matematica ci aiutano a chiarire questo punto. Ogni risultato matematico non è un prodotto isolato, ma una costruzione che richiede intuizione, verifica e contestualizzazione. Anche una macchina intelligente, capace di generare risultati autonomamente, opererebbe all’interno di strutture matematiche definite. La comprensione umana di queste strutture rimarrebbe indispensabile non solo per interpretare i risultati, ma per valutare le implicazioni etiche, scientifiche e filosofiche di ciò che viene prodotto. La matematica, infatti, non è solo una tecnica per calcolare, ma un metodo per interrogarsi sul mondo, sui limiti del sapere e sul significato delle scoperte.

Inoltre, ipotizzare che le macchine intelligenti possano comprendere non implica che tale comprensione equivalga alla nostra. La mente umana integra conoscenza simbolica, intuizioni non lineari, contesto culturale e una profonda consapevolezza del significato che va oltre i risultati formali. Se non manteniamo viva questa capacità di comprensione, rischiamo di trovarci in un mondo modellato da intelligenze artificiali che operano su logiche che non possiamo più afferrare pienamente. La matematica è il nostro ponte verso queste logiche: ci permette di mantenere il contatto con il ragionamento sottostante, di verificare la validità di ciò che viene prodotto e, soprattutto, di continuare a porre domande.

Infine, la matematica è molto più di un linguaggio tecnico: essa è la formalizzazione del nostro modo naturale di ragionare sul mondo. Attraverso di essa, abbiamo tradotto intuizioni profonde in un sistema di rappresentazione capace di descrivere, prevedere e comprendere fenomeni di una complessità altrimenti inaccessibile. Senza quel linguaggio, non solo perderemmo la capacità di esplorare il mondo con la profondità a cui siamo abituati, ma ci troveremmo incapaci di descrivere gran parte di esso. I concetti fondamentali di misura, relazione e cambiamento – alla base della nostra conoscenza della realtà – sarebbero privi di forma, relegandoci a un approccio frammentario e superficiale.

In definitiva, la matematica è l’essenza del ragionamento umano sul mondo fisico e il mezzo attraverso cui possiamo preservare la nostra autonomia e il nostro controllo sul sapere scientifico. Non è solo una competenza da custodire per orgoglio o tradizione, ma una necessità fondamentale per garantire che la conoscenza non ci sfugga di mano, che restiamo partecipi e protagonisti del processo di comprensione del mondo, e questo tanto in presenza che in assenza di macchine davvero intelligenti. La matematica non perderà mai il suo senso: è la condizione stessa per essere padroni del nostro futuro.

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