La Russia cerca un porto in Libia per la sua flotta

Vista l’incertezza siriana e la cacciata dal Mar Nero, si guarda a Tobruk e all’aiuto di Haftar, che intanto ha già dato rifugio a qualche assadista in fuga. Per il momento quel che rimane delle navi del Cremlino è stipato nei porti russi della regione di Krasnodar, sotto l’occhio dei droni ucraini

Mentre resta il mistero sulla sorte di Bashar el Assad, forse volato in Russia, soldati e ufficiali delle sue Forze armate hanno trovato in Libia un “porto sicuro”. Domenica, prima che i ribelli entrassero a Damasco, un Airbus 320 della compagnia siriana Cham Wings decollato dalla capitale siriana è atterrato a Benghazi, nella Libia orientale. A bordo c’erano diversi militari di Assad in fuga che hanno trovato rifugio nel centro del potere di Khalifa Haftar, leader della Cirenaica.

Secondo altre fonti non confermate, tra loro potrebbe esserci persino Maher el Assad, fratello minore di Bashar e comandante della Quarta divisione corazzata, un corpo speciale noto per i crimini efferati compiuti per sedare l’opposizione in Siria. L’ipotesi della sua fuga in Libia non sarebbe del tutto peregrina. Sembra che Maher si sia infuriato con il fratello Bashar, che l’avrebbe abbandonato a Damasco senza nemmeno avvisarlo della sua fuga. Il “macellaio di Daraa”, come è soprannominato, è considerato un amico di Haftar. Nel settembre del 2022 Maher andò a Benghazi per concludere una serie di accordi commerciali. Erano quasi tutti affari ben poco leciti, legati al traffico del captagon prodotto in Siria dal regime. Altro business che legava Damasco a Benghazi era quello dei migranti. Molte persone provenienti dal Bangladesh facevano scalo in Siria e, con l’aiuto di agenzie di viaggio spregiudicate, venivano fatte imbarcare sugli aerei di Cham Wings e arrivavano in Cirenaica, da dove tentavano di imbarcarsi verso l’Europa.

Ma la Libia non sarebbe solamente il luogo di rifugio di ciò che resta del regime di Assad. L’est del paese potrebbe essere anche il nuovo avamposto della flotta mediterranea russa, sulle cui sorti vige un certo mistero. Alcuni esperti di Osint, che lavorano su fonti aperte come le immagini satellitari, hanno scoperto che il 9 dicembre tutte le navi che erano ormeggiate al porto siriano di Tartus sono partite. Una fregata classe Grigorovich, una classe Gorshkov, un sottomarino classe Kilo e una nave di rifornimento hanno lasciato gli ormeggi. Al momento le navi restano ancorate al largo, a circa 13 chilometri dalla costa. Il loro ritorno nel Mar Nero è escluso, perché la Turchia impedisce il passaggio alle navi russe attraverso lo Stretto dei Dardanelli in base alla convenzione di Montreaux. Anche la circumnavigazione dell’Europa a nord dei paesi baltici per arrivare in un porto russo è complicata per tempi e difficoltà logistiche. Soprattutto, non risolverebbe il principale dei problemi di Vladimir Putin, quello di mantenere un avamposto nel Mediterraneo.

La risposta potrebbe essere Tobruk, il porto che già da anni Putin chiede a Haftar di prendere sotto il suo totale controllo per costruire una base militare sul modello di quanto già fatto a Tartus. I vantaggi di del terminal siriano erano tre: la completa disponibilità delle risorse necessarie a mantenere una flotta ormeggiata, la vicinanza strategica al Canale di Suez e la possibilità di operare in una zona più nascosta agli occhi delle missioni Nato. Sebbene non assicurerebbe gli stessi punti di forza che offriva Tartus, per Frederik van Lokeren, ex ufficiale della Marina militare belga ed esperto del settore, il porto libico sarebbe l’alternativa migliore per i russi. La Cirenaica è una regione che conoscono bene, perché in tutti questi anni sono stati il principale alleato militare di Haftar. Il porto orientale del paese è stata la destinazione di almeno quattro viaggi del cosiddetto “Libya Express”, come sono stati chiamati i convogli navali russi provenienti dalla Siria e che portano aiuti militari ai mercenari di Mosca di stanza in Cirenaica. Da Tobruk, gli uomini e le armi alimentano le altre basi russe nel Sahel e in Sudan. La posizione sarebbe strategica anche perché è affacciata sul Mediterraneo centrale, utile per tenere sotto pressione le rotte che riguardano da vicino Italia, Malta e Grecia, e allo stesso tempo non perdere d’occhio Suez.

Secondo Jalel Harchaoui, esperto del Royal United Services Institute di Londra, se anche la flotta russa non fosse diretta a Tobruk e dovesse alla fine riuscire a ottenere dai ribelli e dalla Turchia il permesso di restare a Tartus, la caduta di Assad spingerà comunque Putin a rafforzare la sua presenza in Libia: “Le navi hanno bisogno di basi logistiche, energia elettrica, acqua. In Siria i russi si troverebbero circondati da una popolazione ostile e non sarebbero più capaci di accedere alle risorse essenziali. Tutto diventerebbe più difficile per loro”, spiega al Foglio l’esperto. “Quell’èra è finita e a causa di quella vulnerabilità la Russia sarebbe tentata di spostare alcuni dei suoi asset altrove, per esempio nell’est della Libia”.

Nel giro di un anno, Mosca avrebbe perso due punti di riferimento e di forza per la sua flotta e le sue mire: la Siria e il Mar Nero, dove le sue navi sono state cacciate dall’esercito di Kyiv che non dispone di una marina, ma ha capito come utilizzare droni, droni marini e missili per distruggere e cacciare le prestigiose imbarcazioni russe che minacciavano la costa ucraina. Dal 24 febbraio del 2022, quando è iniziata l’invasione su vasta scala della Russia contro l’Ucraina, Mosca ha perso più di venti navi, tra sottomarini e navi da sbarco, e ha deciso di portare via dai porti più esposti della Crimea occupata le imbarcazioni che le rimangono. Il Cremlino si è impossessato della penisola di Crimea nel 2014 in seguito a un referendum illegittimo, ma fino a quel momento, gli accordi stipulati con Kyiv dopo la caduta dell’Unione sovietica gli avevano comunque permesso di mantenere una base per le sue navi anche nel territorio ucraino.

Nel 2014, Mosca occupò la Crimea per trasformarla in un deposito di armi e di soldati da usare nella futura invasione, rese la presenza nei porti ancora più massiccia, aumentando le navi nelle basi crimeane di Chornomorski, Evpatoria, Sebastopoli e Feodosia. Mentre via terra l’esercito russo avanzava, in mare retrocedeva e l’Ucraina è stata capace di rendere di nuovo il Mar Nero navigabile, di far ripartire il traffico dei mercantili soprattutto per ricominciare in sicurezza il trasporto del grano anche senza avere bisogno del benestare da parte di Mosca. L’idea del Cremlino per riparare alla perdita di tante basi, è stata quella di ricorrere alla costruzione di un porto in Abcasia, la regione della Georgia che si considera indipendente da Tbilisi. I lavori sono in alto mare, l’Abcasia è riconosciuta come parte integrante del territorio georgiano nonostante le sue dipendenze con Mosca, è un territorio instabile che non ha il potenziale per ospitare le imbarcazioni di Mosca. Per il momento quel che rimane della flotta russa nel Mar Nero è per lo più stipato nei porti russi della regione di Krasnodar, dove comunque i droni ucraini sono riusciti ad arrivare in modo saltuario.

La storia dell’esercito russo è fatta di una ricerca continua di vie di accesso ai mari, il Mediterraneo e il Mar Nero hanno rappresentato i punti nodali della strategia del Cremlino, dai tempi degli zar. Oggi nel Mediterraneo la presenza della flotta russa è messa in discussione dal fallimento siriano e condizionata ai rapporti tra la Russia e i ribelli, mentre, nel Mar Nero, Mosca è stata di fatto già messa in un angolo dagli ucraini.

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