Sarà Meloni il tramite europeo che cerca Trump? Possibile

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Per Donald Trump Giorgia Meloni è “una vera fonte di energia”. A qualcosa la fiamma serve ancora.

Roberto Alatri

Sul rapporto fra Trump e Meloni, fiammelle a parte, suggerisco alcuni spunti utili offerti dall’ultimo numero dell’Economist. L’Economist sostiene che, al di là della retorica, per Trump non sarà facile trasformare Orbán nel suo punto di riferimento fortissimo della politica europea, perché “per quanto influente possa essere nei circoli trumpiani, nessuno in Europa si fida di lui” e se Orbán “è un ponte della destra Maga, è un ponte verso il nulla”. A questo proposito, l’Economist dice che l’Italia di Meloni ha tutte le caratteristiche per diventare, in questa fase, il famoso paese a cui faceva riferimento Henry Kissinger quando retoricamente e polemicamente si chiedeva: ma chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa? E’ probabile, dice l’Economist, che Trump abbia la sua parte di lamentele con l’Italia, che fa cose che considera riprovevoli (l’Italia è il secondo maggiore esportatore di beni dell’Ue in America dopo la Germania, e acquista relativamente poco dagli Stati Uniti, e l’Italia lesina sulla difesa, spendendo solo l’1,5 per cento del pil per le sue Forze armate, ben al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento concordato un decennio fa dagli alleati della Nato). Ma l’equilibrismo di Meloni, un po’ populista e un po’ europeista, un po’ trumpiana e un po’ atrumpiana, può permettere a Meloni di essere il leader in Europa che più può aspirare a essere un perno credibile delle relazioni transatlantiche. “Meloni si trova di fronte a un atto di equilibrio: come trarre vantaggio dalla sua vicinanza al signor Trump senza alienarsi gli attuali alleati dell’Ue. Perché l’Italia ha debiti elevati e prospettive economiche tiepide, e beneficia dei fondi dell’Ue così come delle garanzie implicite sui suoi prestiti”. E per questo, comunque andranno le cose, “Meloni potrebbe avere un nuovo amico a Washington, ma dovrà mantenere buoni rapporti con i suoi vecchi amici più vicini a casa”. L’equilibrio è complicato ma possibile: trumpiani a parole, non trumpiani nei fatti.


Al direttore – La coalizione 100 per cento rinnovabili ha presentato ieri l’ennesimo rapporto sui costi del nucleare. Dal quale risulta ovviamente che il nucleare è meno conveniente delle energie rinnovabili. E che quindi è meglio lasciar perdere. Quella di essere contro il nucleare è una vera e propria intangibile fissazione, un dogma quasi religioso, un intoccabile tabù, di molti gruppi ambientalisti che non si accorgono nemmeno lontanamente della contraddizione fra l’evocare a ogni piè sospinto la catastrofe che si avvicina velocemente a causa del riscaldamento globale e la rinuncia all’unica fonte in grado di fornire energia elettrica priva di emissioni in grande quantità e senza interruzioni. In grado quindi anche di compensare le strutturali debolezze di fonti rinnovabili per loro natura intermittenti e quindi imprevedibili. E’ altrettanto singolare che l’argomento costi sia evocato solo per l’energia nucleare, mentre qualsiasi altro investimento, vedi il Superbonus 110 con i soldi del quale si sarebbero potute costruire almeno una decina di centrali nucleari, è giustificato dalla causa superiore della lotta al riscaldamento del pianeta. E dimenticando le centinaia di miliardi di incentivi (in Europa siamo vicini ai 1.000 miliardi, 200 per l’Italia) che sono stati erogati e saranno erogati a favore delle rinnovabili e gli ingenti investimenti che nel mondo occorrerebbe fare per adeguare le reti elettriche e metterle in grado di accogliere la miriade di impianti rinnovabili necessari. Oltre all’enorme quantità di batterie e di altre forme di accumulo necessari per temperarne l’intermittenza e la non disponibilità per la maggior parte delle ore. Ormai nel mondo praticamente tutti riconoscono che un giusto mix è la strada maestra per decarbonizzare la produzione di energia. I costi di una soluzione 100 per cento rinnovabili sarebbero enormi e con grandi rischi per la continuità delle forniture elettriche. Ma come diceva Pascal “credo quia absurdum”. Solo che fra la religione e la scienza le differenze dovrebbero essere note. PS. Fra i promotori anche alcuni dei firmatari coerentemente contro gli impianti eolici.

Chicco Testa


Al direttore – Le scrivo per un breve commento sull’articolo a firma di Carmelo Caruso, “A Christmas Meloni”, pubblicato ieri dal suo giornale. Sono assai stupito che una testata solitamente seria come il Foglio abbia costruito un intero pezzo attorno a una “non notizia”. Un semplice messaggio natalizio, inviato dai servizi informatici della presidenza del Consiglio a tutti i dipendenti di Palazzo Chigi, è stato utilizzato a pretesto per rivolgere un attacco livoroso al Capo della segreteria particolare del presidente del Consiglio. La clamorosa “notizia” data ai lettori sarebbe che il testo trasmesso è stato cancellato e reinviato perché conteneva un banale errore di impaginazione. A dirla tutta, un segno di efficienza non scontato. Siamo lieti che siano questi gli argomenti di critica rivolti all’operato dello staff del presidente del Consiglio. Auguri per un felice Natale e nuovo anno.

Fabrizio Alfano, capo ufficio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri

Nessun livore, solo un sorriso. Buon Natale a voi.

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