L’attaccante del Venezia tra Chet Baker, gol da calcio d’angolo e scelte per niente scontate. E quella musica inaspettata che ti lascia inebetito
Sul finire del 1982 Chet Baker trovò che fosse una buona idea disintossicarsi dall’eroina andando allo stadio. Del calcio gliene fregava il giusto, ma dato che si trovava a Londra ospite di Elvis Costello, e che Elvis Costello non poteva non vedere il suo Liverpool allo stadio quando giocava a Londra, finì per doverlo accompagnare in un paio di occasioni. Fu la constatazione che a vedere quei ventidue uomini in pantaloncini correre dietro un pallone gli saliva la “scimmia” che gli fece aumentare la sua frequentazione con le curve.
Era in curva anche in quel sabato di dicembre. Quel giorno vide il pallone calciato dalla lunetta del calcio d’angolo disegnare una parabola “cosmica” e finire direttamente in rete, e nel sentire quel caos di urla e grida prima che partisse il coro You’ll never walk alone, Chet Baker pensò che “il calcio aveva qualcosa di meraviglioso, di tribale”. E che certi gesti, certe giocate, sono uniche e superlative, “un’epifania del genio creatore tanto quanto il modo di Duke Ellington di suonare il piano”.
Il gol da calcio d’angolo è sberleffo e rivolta, un lampo di irriverenza, la meraviglia dell’inconsuetudine, libera espressione del genio creatore. Nasce da un’idea sbagliata, dal fregarsene del calcolo delle probabilità. È musica inaspettata che ti lascia inebetito. La senti una volta per sbaglio alla radio, qualche nota appena, la vorresti riascoltare ma non la trovi più. Svanita, eppure presente.
Gaetano Oristanio ha una formazione musicale, medie a indirizzo musica: ha mosso per un po’ le dita su un sassofono mentre ci soffiava dentro aria. Non la tromba di Chet Baker, ma si può far comunque del buon jazz. Gaetano Oristanio lo pratica palla al piede, un’improvvisazione dopo l’altra. Quella calcistica ovviamente, fatta di finte, dribbling e movimenti del corpo. Forse non è come il jazz che è, come diceva Chet Baker, “movimento dell’anima”, ma in una finta c’è molto dell’improvvisazione e del libero sfogo del jazz. Gaetano Oristanio è il terzo in Serie A per dribbling riusciti, 31, davanti a lui solo Rafael Leão e Nico Paz con 32. Solo che lui gioca con la squadra che chiude la classifica del campionato.
Gaetano Oristanio contro il Como ha dato il via alla sua improvvisazione jazzistica. Si è preso la scena, si è concesso l’assolo. Quello più inaspettato, quello più folle: gol da calcio d’angolo. Ci ha provato e ci è riuscito sfruttando anche la Bora che soffiava su Venezia. Il calcio è anche balistica, fisica meccanica, calciare tenendo conto delle condizioni esterne vuol dire essere consapevoli che la palla non è un microcosmo a parte, ma soltanto una parte, microscopica, del tutto.
Non teme il rischio, Gaetano Oristanio. Ben prima dei suoi ventidue anni aveva capito che le scelte scontate potevano non essere la sua strada. Poteva fare quello che hanno fatto in tanti, scorrazzare un po’ per la provincia italiana nel tentativo di dimostrare di essere in grado di vestire la maglia della prima squadra dell’Inter, club dove era arrivato a 14 anni nel 2016. Due anni nei Paesi Bassi, a Volendam, tra Eerste Divisie ed Eredivisie (all’epoca squadra d’approdo di alcuni giovani nerazzurri, ci passò pure il portiere, ora anche lui al Venezia, Filip Stankovic, e prima ancora Samuele Mulattieri). Poi il ritorno in Italia, a Cagliari (sempre via Inter), per fare apprendistato da Claudio Ranieri. Quest’anno l’approdo a Venezia convinto che Eusebio Di Francesco potesse essere l’uomo giusto per raffinargli il talento. E con trequartisti, esterni e mezze punte, in effetti l’allenatore dei lagunari ci sa fare.
L’Inter non ci ha creduto abbastanza, lo ha lasciato libero (al costo di quattro milioni di euro) di continuare altrove a calciare e a dribblare. Lui ha continuato a farlo, sempre nella sua maniera insolita, convinto di dimostrare che quattro milioni non basteranno più per comprare il suo cartellino. Sperando un giorno di sentire ben altra colonna sonora ai suoi prepartita. Quelle note che tutti i calciatori vorrebbero sentire almeno un giorno nella loro vita: “Die Meister / Die Besten / Les grandes équipes / The champions“. Nella speranza che non vada a finire così: “The music’s magic spell / Leaves me a mess of quivering jelly / Even on a violin / How those sweet dulcet tones pull marrow out of my bones / I must confess, it leaves me a mess, our song / Parts of my anatomy are not controlled by me” come cantava Chet Baker in Line For Lyons.
Anche quest’anno c’è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all’aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.