Il monito di Draghi: “Non ci sono più leader a guidare l’Europa”

L’ex premier alla consegna del premio Ispi 2024: “La Commissione in questo contesto avrà molto più peso per la guida l’Ue”. Il rifiuto del sovranismo: “Solo l’integrazione permette un salto di qualità dal punto di vista economico”

“La leadership franco-tedesca s’è indebolita, ma non vedo altre leadership in grado di guidare l’Europa, almeno per il momento”, Lo ha detto l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi nel suo intervento all’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) di Milano che lo ha insignito del premio annuale dedicato a “personalità che hanno contribuito a rafforzare l’immagine dell’Italia nel mondo” istituito in memoria dell’ambasciatore Boris Biancheri. Draghi fa riferimento alle ultime vicende che hanno riguardato la Germania e la Francia: il paese del cancelliere Olaf Scholz andrà al voto a febbraio con la Cdu favorita per tornare al governo con una solida maggioranza, mentre i partiti di Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon hanno fatto cadere il governo Barnier e il presidente Emmanuel Macron sta cercando un nuovo primo ministro. L’unica persona che nel breve periodo sembra essere capace di tenere salda la leadership è Ursula von der Leyen: “La Commissione in questo contesto avrà molto più peso per la guida dell’Europa”.

L’ex presidente del Consiglio ribadisce ancora una volta che l’adozione di politiche economiche sovraniste non conviene a nessuno: chiunque si trovi a governare un paese “si deve porre di fronte alla necessità di percorrere una strada dove solo l’integrazione di alcune aree permette quel salto di qualità che il quadro richiede per sopravvivere dal punto di vista economico” perché “la gente vuole da un leader competenza e visione, saper immaginare un futuro ma anche portare con sé il paese”. La grande preoccupazione di Draghi riguarda il prossimo inquilino della Casa Bianca: il presidente eletto Donald Trump ha promesso che quando si insedierà il 20 gennaio imporrà dei dazi universali del 10 per cento sulle importazioni mondiali, incluse quelle dall’Unione europea, e del 25 per cento per i prodotti canadesi e messicani.

Se le promesse del tycoon venissero rispettate, l’Ue deve essere pronta a reagire. Per farlo non deve rinunciare a tutti i mezzi possibili per salvare il proprio mercato, anche facendo debito: “La convenienza di farlo è fuori discussione. Si pensi al valore di investimenti comuni nel mercato elettrico o nel settore della difesa. La dimensione degli investimenti necessari va ben oltre il bilancio degli stati. Quando una cosa è giusta, ragionevole e sensata non tutti si mettono in fila per farla. Ma si vede che c’è un movimento ‘millimetrico’, come diceva Merkel, verso la razionalità. E lo si vede dalla discussione”. E ricorda il rapporto che lui stesso ha presentato alla Commissione eurupea: “La sfida che viene descritta nel rapporto è una sfida esistenziale. Se vinta, permette all’Europa di continuare ad evolversi in conformità ai suoi valori, di pace, libertà e indipendenza, e di crescere. È una sfida che dobbiamo vincere, perché al centro ci sono i nostri valori”. E conclude ribadendo l’importanza di non vedere sempre il lato negativo: “Quando si fanno le cose bisogna essere ottimisti. Se si è pessimisti si sta a casa”.

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