Il lucchetto del nostro scontento: l’Italia dichiara guerra alle “key box” degli affittacamere

Forse tornare al check in umano ricreerà un indotto: giovani e non giovani attenderanno l’arrivo di turisti sfatti dopo molte ore di volo, sopravvissuti alla truffa del tassinaro abusivo, che riceveranno in inglese maccheronico info su dove sta il frigo

Non le macchine parcheggiate in tripla fila, non le bancherelle abusive né le zone pedonali ridotte a autosilo. No, il comune di Roma solertissimo ha affrontato un’altra emergenza democratica e urbanistica. Ha infatti avviato la caccia e la rimozione delle “key box”, cioè quei lucchettoni che si trovano spesso appesi a inferriate e citofoni e urlano al mondo la loro verità: qui c’è un bed and breakfast.

Solerti pattuglie della polizia municipale sono già attive da giorni infatti nella meritoria attività. Per chi non vive nelle città dominate dall’overtourism, cioè ormai quasi tutte (nessuno è al sicuro, anche il borgo più irraggiungibile è un attimo che, complice una serie tv straniera, diventa meta di turismo e di lucchettoni), le key box sono quelle cassafortine che servono a contenere le chiavi di appartamenti che il turista da bed and breakfast, disgraziata razza a cui tutti prima o poi apparteniamo, troverà al suo arrivo, senza insomma bisogno di avere un addetto umano che lo guida alla casa in questione. Gli verrà comunicata online la combinazione e il turista fai da te può installarsi nel suo quartierino. Da qualche tempo però le key box sono entrate nel mirino della politica, di ogni colore e tipo: prima era stato il comune di Milano a mobilitarsi, poi il governo nazionale, adesso anche Roma.

Una circolare del ministero dell’Interno infatti ha recentemente decretato che l’identificazione del turista va fatta di persona, specialmente alla luce “dei numerosi eventi politici, culturali e religiosi in programmazione nel Paese”, insomma il Giubileo. Ma la circolare non ordina la rimozione dei lucchettoni. Così per una volta il comune di Roma è più efficiente di Zurigo, più securitario di Pechino, più realista del re: l’assessore al Turismo, Alessandro Onorato, ha annunciato che la polizia locale romana rimuoverà immediatamente le key box dagli spazi pubblici, e subito i pizzardoni si sono attivati con flessibili e piedi di porco. Ma il comune della capitale notoriamente inflessibile non si è fermato qui: ha annunciato infatti che pure dentro i palazzi sarà vietato apporre i lucchetti, invitando i condòmini a denunciare: l’assessore sostiene che in caso di mancata denuncia sarà prevista una multa per il condominio. E anche lì, sarà caccia al lucchetto, in un altro contesto da sempre caratterizzato dall’aderenza alla regola, il condomìnio romano (dall’androne ridotto a discarica ai tetti-cimiteri di antenne, magari col loro cavo penzolante, lì dagli anni Cinquanta).

Qui si confessa anche un nostro timore: noi si tiene un lucchettone sul pianerottolo, con dentro le nostre proprie chiavi: siccome si è smemorati e si è rimasti più volte chiusi fuori, sembrava una buona soluzione, il lucchettone col doppione, anche per non disturbare i vigili del fuoco. Ma adesso, ci si scopre improvvisamente fuorilegge. Il lucchettone sarà poi reato normale o universale? E si scateneranno spionaggi da pianerottolo, con atmosfere da Ddr o Ventennio? Ci sarà un incancrenimento della lotta già feroce tra chi fa il B&b e chi no, nel condominio? Col primo che arrotonda i guadagni e l’altro che lamenta l’usura del palazzo e il mancato rispetto della differenziata? Il mondo non era già polarizzato abbastanza?

Ci si chiede anche affascinati se non ci sia un generale disegno bipartisan, che vede maggioranza e opposizione finalmente unite in un progetto turistico-egemonico per il Paese: cioè riportare l’Italia a quell’immaginario che del resto l’ha lanciata nel mondo, da Goethe a White Lotus, un luogo di vacanza rustico ed esotico, un tuffo nel passato più fascinoso, dunque senza Pos, senza monopattini (appena banditi), senza Uber, senza uteri in affitto, con accoppiamenti e matrimoni e alloggi e ricette di purissima tradizione. So cute! E però i più ingenui ancora si chiederanno: ma quando i nuovi potenti amici di “Giorgia”, campioni invece di innovazioni economiche e sociali, lanciarazzi di modernità, con proli di grande ingegneria genetica, verranno qui in visita, sarà un clash culturale? Faremo – argh – brutta figura?

Ma no, anzi, perché dall’Italia da sempre ci si aspetta quel rural che va forte, dunque Amica geniale, sottosviluppo banale e tanti sorrisoni all’ombra del carrubo, caffè macinato fresco e bel canto. Mica diritti e tecnologia (per quello uno prenota a Stoccolma o Ginevra). Infatti se fate un film o romanzo senza pummarola e drammi, col cavolo che sfondate all’estero, lo sanno anche alla Holden.

Notizie simmetriche parrebbero confermare questa teoria; l’americana Yale (non l’università ma l’azienda di lucchetti) quest’estate ha annunciato nuovi modelli completamente digitali, che si integrano nella app di AirBnb, e generano codici di sicurezza a distanza. Nel frattempo AirBnB medesima forse si rassegna a puntare, in Italia, su un altro modello di business, i combattimenti nel Colosseo, più in linea col grande disegno egemonico di cui sopra. Forse si può pensare anche a una sintesi: vuoi mettere un bel romano che procede, con baffo e magari vestito da gladiatore, all’identificazione del turista? Magari canticchiando O Sole mio? Infatti, altri lucchettoni, quelli dell’amore che addobbano i ponti in scia alle saghe romance non vengono rimossi, anzi rimangono lì come arredo urbano e set di gran selfie.

Forse poi tornare al check in umano e “in presenza” creerà o ricreerà un indotto; giovani e non giovani, signore e signori che attenderanno l’arrivo dei turisti da Shanghai e Chicago sfatti dopo molte ore di volo, sopravvissuti alla truffa del tassinaro abusivo (lì, niente identificazione e poco zelo) riceveranno in inglese maccheronico info su dove sta il frigo e come si accende l’aria condizionata e consigli su trattorie turistiche col menestrello e il fiasco.

Del resto il B&b è stato per molti anni un grande ammortizzatore sociale per chi avesse stanze o appartamenti in più: bastava un giro all’Ikea, qualche mobilaccio, poster plastificati di New York alle pareti e una bottiglia di prosecco del Sidis in frigo (i più solerti) ed era fatta. E però ci si chiede: non sarà un grande autogol per il governo Meloni mettersi contro quell’albergo diffuso e scalcagnato che è ormai il paese anzi Nazione? Non saranno addirittura in numero maggiore i padroncini di AirBnb votanti rispetto a tassinari e balneari? Saranno altrettanto “vocali”?



Siccome la realtà è molto sceneggiatrice, qualche giorno fa poi è apparso su Facebook l’annuncio di un gestore di B&b che in scia alla nuova “stretta” richiedeva appunto un addetto di questo tipo: “Buonasera a tutti, cerco per una casa vacanza a Trastevere una persona che possa fare il ricevimento degli ospiti e il rilevamento dei documenti, dalle 15 in poi. Necessaria la conoscenza della lingua inglese”. Il datore di lavoro non è uno qualsiasi, è Salvatore Buzzi, gestore della cooperativa 29 giugno e protagonista delle inchieste su Mafia Capitale e condannato a 12 anni. Uno che di lucchetti se ne dovrebbe intendere.

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).

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