L’asse del male? Esiste. La difesa di Kyiv? Porta frutti. Le mosse di Israele? Indeboliscono l’Iran. Perché la fine di Assad imbarazza i teorici della resa dell’occidente, costretti a guardare negli occhi i veri nemici della libertà
Da qualunque parte la si guardi, la Siria del dopo Assad è un grosso problema per quegli osservatori abituati alle tastiere con il pilota automatico che scaricano sull’occidente la responsabilità di ogni disordine mondiale. In questo caso, il problema a cui facciamo riferimento non riguarda solo le coordinate indecifrabili del dopo Assad ma riguarda un imbarazzo generale che ha impedito in questi giorni all’indignato collettivo di poter ragionare senza ipocrisie su quelle che sono le ragioni che hanno portato la vecchia Siria a collassare su se stessa. La caduta di Assad non scalda l’opinione pubblica mondiale, nonostante i 500 mila civili uccisi in Siria negli ultimi undici anni, perché di fronte al contesto siriano non c’è alcun soggetto legato all’occidente con cui sia possibile prendersela in modo chiaro, su cui scaricare le colpe, e non essendoci alcuna prova di eventuali danni generati dagli alleati del demonio americano per molti è preferibile tacere, fischiettare e parlare rapidamente di altro. La Siria, per i denigratori occidentali dell’occidente, è uno scenario imbarazzante perché dimostra che i principali danni causati dall’occidente in giro per il mondo si manifestano quando l’occidente arretra, quando chiude gli occhi e quando si disinteressa degli orrori perpetrati dai regimi sanguinari. Ma allo stesso tempo la Siria è un grosso problema per i denigratori occidentali dell’occidente perché chiunque abbia l’onestà di osservare quali siano stati in questi anni i rapporti di forza in Siria non può non rendersi conto che quel mostro di cui si è sempre negata l’esistenza esiste eccome: un asse del male foraggiato dall’Iran che lavora per costruire con tutti i grandi e piccoli stati canaglia del mondo degli avamposti utili a sostenere la resistenza dei nemici dell’occidente. Osservare senza ipocrisia lo scenario siriano significa dunque dover riconoscere che ad aver contribuito all’escalation di violenza nel medio e nel vicino oriente non è stato in questi anni l’occidente ma sono stati i suoi nemici capitanati dall’Iran.
Dire però a voce troppo alta che l’Iran ha sostenuto la Siria di Assad significa far crollare alcune certezze granitiche dell’indignato collettivo – per esempio ammettere che Israele possa combattere alcune battaglie giuste – e aggiungere a questo il fatto che un regime sanguinario si sia indebolito perché Israele è riuscito a indebolire i terroristi di Hezbollah è altrettanto scandaloso e dunque meglio sorvolare. Aprire gli occhi con onestà eccessiva su ciò che è successo in Siria sarebbe poi ulteriormente imbarazzante perché dimostrerebbe agli occidentali che odiano l’occidente che difendere le democrazie aggredite ha un effetto a catena, che difendere un paese come l’Ucraina può generare conseguenze positive che vanno ben al di là della difesa del Donbas e che difendere l’Ucraina dalla violenza del regime russo può aiutare a indebolire l’asse del male ai cui vertici si trovano la Russia di Putin e l’Iran di Khamenei.
Non ci sono occidentali con cui prendersela in Siria, come è evidente, e per questo la Siria, nonostante la presenza in questi anni di atti che il genocidio lo hanno ricordato davvero, ha scaldato l’opinione pubblica internazionale meno di quanto l’abbia fatto la guerra difensiva di Israele. E in questo senso si capisce bene l’imbarazzo dei devoti acritici dell’Onu nel dover ammettere che gli stati che l’Onu ha premiato in questi anni affidando loro importanti incarichi umanitari a difesa dei diritti umani (l’Iran, per dire) sono stati che hanno alimentato, foraggiato e sostenuto stragi criminali come quelle portate avanti da Assad.
E’ imbarazzante ragionare con onestà sulla Siria, anche perché nel farlo bisognerebbe riconoscere che il problema del dopo Assad non è incarnato dalla semplice presenza di pericolosi ribelli in passato vicini all’Isis e ad al Qaida ma è rappresentato dal fatto che avere una leadership islamica moderata è spesso una contraddizione in termini e anche qui per essere onesti bisognerebbe dire che per evitare di avere una Siria ostaggio di pericolosi islamisti occorrerebbe fare tutto quello che l’indignato occidentale nemico dell’occidente sogna che non avvenga mai: combattere l’islamismo politico in tutte le sue forme integraliste auspicando un occidente in grado di muovere le sue pedine per combattere il terrore, non creare vuoti e promuovere stabilità. Quando l’occidente arretra, il disordine aumenta. Quando il disordine aumenta, la libertà è in pericolo. Quando la libertà è in pericolo, si creano vuoti. Quando si creano vuoti, il modo peggiore per evitare l’avanzata dell’estremismo è combattere chi l’estremismo cerca di arginarlo.
La fine di Assad non eccita parte dell’opinione pubblica internazionale per ragioni legate alle incognite del dopo ma anche per ragioni legate alle difficoltà oggettive incontrate dagli occidentali nemici dell’occidente nell’usare il pilota automatico per dimostrare che i disordini nel mondo passano sempre dall’evocazione pigra e controproducente del senso di colpa occidentale.