Il dossier “L’Italia sotto mazzetta” di Libera e il sondaggio di Demos denunciano la persistenza del fenomeno, ma l’Istat registra un calo netto dal 2020. Del resto anche per l’Onu è questione di “percezione”
Ci guarderemo dall’opporre la minima alzata di sopracciglio a riguardo della grande utilità della Giornata internazionale contro la corruzione, al pari della Giornata della gentilezza o della lentezza. Questa poi è istituita dall’Onu ben dal 2003. Men che meno metteremo in questione un sondaggio di Demos, che Ilvo Diamanti illustrava ieri con piglio combattivo su Repubblica. E mai e poi mai oseremo criticare l’utilità di un dossier garibaldino realizzato da Libera, l’associazione di don Ciotti, dal titolo “L’Italia sotto mazzetta”. Che è un censimento delle inchieste per corruzione in Italia dal 1° gennaio al 1° dicembre 2024: 48 inchieste, 28 procure coinvolte in 14 regioni, 588 persone indagate. Al metodo statistico-inquisitorio di Libera ci limiteremo ad appuntare che 48 inchieste – seppure siano tante – sono pur sempre inchieste, e le persone soltanto indagate. Come sempre, sarebbe più corrispondente al vero e più interessante effettuare la spunta in base alle inchieste concluse e passate in giudicato. Spesso, purtroppo, si hanno delle belle smentite rispetto ai numeri proclamati in fase d’inchiesta.
Una cosa però si può obiettare anche a Diamanti, autorità riconosciuta nelle indagini demoscopiche, quantomeno al suo articolo. Quando scrive che “in Italia la corruzione persiste e resiste negli anni. Dall’epoca di Tangentopoli. Anzi, rispetto ad allora si è diffusa ulteriormente”. Peccato che la base di questo giudizio perentorio sia “un sondaggio condotto da Demos per Libera”. Il che risulta un tantino forzato. Scrive Diamanti che “il 56 per cento ritiene che la corruzione non si sia ridimensionata rispetto all’epoca di Tangentopoli”, e che questa è “l’opinione condivisa da un’ampia maggioranza di cittadini. In crescita rispetto agli ultimi anni”. Suvvia, dunque la verifica dei livelli corruttivi nel nostro paese si fa con i sondaggi? A fare così era capace anche Beppe Grillo, senza nemmeno i sondaggi. Ma Diamanti è tutt’altro che un demagogo, e gli tocca ammettere che quel dato è fin troppo forzato, “a prescindere dall’effettiva fondatezza. Perché, in effetti, risulta difficile da misurare”. Del resto anche per l’Onu è questione di “percezione”. Soltanto che per l’Indice di percezione della corruzione – su cui si basa l’Onu – l’Italia è stabile al 42esimo posto su 180 paesi. Quindi non in peggioramento. Non un successo, ma nemmeno paragonabile alle performance di Somalia e Venezuela. E “il consolidamento del punteggio italiano conferma l’Italia nel gruppo dei paesi europei più impegnati sul fronte della trasparenza e del contrasto alla corruzione”, ha detto il presidente di Transparency International Italia, Michele Calleri. Quindi, seppure per Demos, e supponiamo per don Ciotti, “è molto larga la convinzione che, per vivere e sopravvivere, sia necessario con-vivere con la corruzione”, si tratta di un’idea parziale. Ci sarebbe almeno da considerare un altro report “La corruzione in Italia – Anno 2022-2023” pubblicato dall’Istat a giugno 2024. Si legge che “confrontando i dati relativi al triennio 2020-2023 con gli anni 2013-2016 si osserva una diminuzione netta del fenomeno con un passaggio dal 2,7 per cento delle famiglie che hanno subìto almeno una richiesta di denaro, regali o altro, all’1,3 per cento”. E “diminuisce anche la quota di chi conosce persone che hanno avuto esperienze di corruzione: dal 13,1 per cento all’8,3 per cento”. Insomma un conto è la corruzione percepita, dall’Onu e da “un’ampia maggioranza di cittadini”, un conto sono i dati reali. Alla prossima Giornata.