Milano e poi Parigi, il riscatto della Chiesa non verrà dal sud del mondo

Da un lato una città italiana ma globale, dall’altra la sede di una cattedrale di Notre-Dame rinnovata. Entrambe hanno invitato la Chiesa universale a chiedersi se oggi stia guardando nella direzione giusta o solo in quella meno scomoda, nel tentativo di comprendere se la carità verso i poveri sia un richiamo a un dovere di giustizia o solo un feticcio poco impegnativo

Ma siamo proprio sicuri che la bussola del futuro della Chiesa punti verso sud? In queste ultime ore la Chiesa di Milano e la Cattedrale di Parigi, inattese, hanno ottenuto attenzione per eventi in passato presente e futuro si intrecciano. Milano, una delle poche global cities europee, l’unica italiana, si è raccolta in sant’Ambrogio per i Primi Vespri del patrono. Notre-Dame, riaprendosi, ha attratto e accolto mezzo mondo. In congiura con il clima meteorologico e con quello politico, si è mostrata fabbrica di legami fragili, sì, ma resilienti.



Non da oggi le Chiese di Milano e di Parigi sono magistero vivente. Sin con la propria urbanistica Milano mostra che lì prese forma una relazione di distinzione tra poteri politici e poteri religiosi alternativa a quella costantiniana tanto nella versione romana (cfr. San Giovanni in Laterano) quanto in quella costantinopolitana (cfr. Santa Sofia). Per non dire di quanto mille anni fa la pataria milanese diede vigore a quella papal revolution che posò la prima pietra dell’occidente e delle sue “società aperte”. All’ombra di Notre-Dame dialettica e fede istituzionalizzarono in forme moderne il loro sfidarsi, indispensabile all’una e all’altra.



Ancora oggi, nelle rispettive crisi, Ecclesia e Civitas si sono cercate e ritrovate, a Milano e a Parigi, secondo un modello messo nero su bianco da un africano immigrato a Milano (sant’Agostino).


In questo momento, invece, il Vaticano, e tanto cattolicesimo, si volge altrove. Cerca ispirazione e sollievo in un sud non si quanto idealizzato, probabilmente molto. Non si dà gran cura delle Chiese di Milano e di Parigi, quasi non vi si riconoscesse, quasi ne ritenesse superflua la testimonianza. Poco c’entra il battersi doveroso per l’emancipazione degli ultimi, un’idea questa che altra più occidentale non se ne troverebbe. Piuttosto, quella che si diffonde è l’opinione che dal sud del mondo venga la ricetta per il futuro della Chiesa. Un sud popolato e devastato da tribù, clan e dittature che spesso assimilano o deformano o strumentalizzano o straziano Chiese e credenti.



E se invece ci fosse più verità nel modo di cercarsi e sfidarsi di Chiesa e Città nelle società libere di quanta ce n’è nella ignoranza o nella dimenticanza del loro valore? Cos’altro è la crisi se non la forma che una Città accetta di assumere quando non è più disposta a pagare i costi dell’egemonia di un solo potere, quale che sia? Cos’altro è la crisi, la lotta interiore, se non il prezzo che è disposto a pagare chi ama la libertà? E cos’altro è il diritto, il diritto non la legge, se non la continua ricerca di un equilibrio, necessariamente precario, tra l’istanza poliarchica (stateless) delle società e quella della libertà personale?



Quando Chiesa e Città riconoscono e accettano con coraggio questo fecondo stato di crisi, quando cercano di moderarne gli eccessi e di riprendersi se si sta scivolando verso l’orlo del fallimento, esse – Città e Chiesa – si cercano senza confondersi e ciò avviene in occidente e come “Occidente”, nel vituperato occidente né senza colpe né senza meriti. Un Occidente che per intrinseca virtù si lascia reinterpretare in varianti numerose (multiple modernities).



In sintonia con questo cercarsi e scontrarsi di Chiesa e Città può succedere che il presidente Macron contraddica il dogma della laicità (gemella dei confessionalismi): “Notre cathédrale nous dit combien le sens, la transcendance, nous aident à vivre dans ce monde”. (Più o meno: la nostra cattedrale ci dice quanto il senso, la trascendenza, ci aiutano a vivere in questo mondo.) In questo cercarsi di Chiesa e Città la Tradizione si fa beffe di tutti i tradizionalismi. Mentre sembrano restare confusi e distratti occhi come quelli dell’Elon Musk inquadrato durante la riapertura di Notre-Dame.



Paolo VI (un bresciano vescovo a Milano) riassunse il senso del Vaticano II nella religione della carità. Essa passava per l’incontro non di un medico con un malato, ma di due malati egualmente amati: l’uomo moderno e il credente moderno. “La Chiesa del Concilio, sì, si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà. (…) l’uomo sacro per l’innocenza della sua infanzia, per il mistero della sua povertà, per la pietà del suo dolore; l’uomo individualista e l’uomo sociale (…). La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere; ma non è avvenuto”.



Le Chiese di Milano e di Parigi hanno invitato la Chiesa universale a chiedersi se oggi sta guardando nella direzione giusta o solo in quella meno scomoda, la invitano chiedersi se i poveri sono richiamo a un dovere di giustizia o solo un feticcio appagante e in fondo assai poco impegnativo.

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