Serve una spesa da 6 miliardi al mese per essere in pari con i piani del Pnrr

La Corte dei Conti mostra i limiti del governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ora all’appello manca un terzo delle spese previste

Al 30 settembre 2024 il livello della spesa sostenuta in attuazione del Pnrr risulta di 57,7 miliardi, pari al 30 per cento delle risorse del Piano e, quel che più conta, al 66 per cento delle spese programmate entro il 2024. Manca all’appello un terzo esatto delle spese previste, pari a 29 miliardi, che potrebbero ridursi di un paio di miliardi a fine anno. Ma quel che è peggio è che la spesa dei primi nove mesi del 2024, 12,5 miliardi, su cui recentemente il ministro Giorgetti aveva espresso un certo ottimismo, si è fermata al 30 per cento della previsione del cronoprogramma finanziario e al 60 per cento delle stime più prudenti contenute nel Dpb di ottobre. Sono i dati più significativi della relazione semestrale della Corte dei conti sul Piano di ripresa e resilienza e rappresentano con efficace sintesi il lascito della “gestione Fitto”.

Dati che – insieme alla clamorosa sottovalutazione degli effetti di frenata prodotti sulla crescita dall’azzeramento del Superbonus – hanno contribuito alla drastica e inusuale revisione del pil adottata dall’Istat (da 1 per cento a 0,5 per cento). Eredità del Pnrr che si può anche tradurre così: da ottobre 2024 a giugno 2026 per essere in linea con la chiusura alla scadenza prevista, il Piano italiano dovrebbe tenere una spesa media monstre di oltre 6 miliardi al mese.

L’altro dato che salta all’occhio leggendo la relazione della Corte dei conti riguarda la rendicontazione degli interventi sul sistema Regis. Vecchio problema che Fitto aveva tentato di risolvere con un decreto legge lacrime e sangue e un’immissione straordinaria di aggiornamento dati imposta con termini draconiani alle amministrazioni competenti. Ebbene, allo scorso luglio i rendiconti di progetti per i quali era stato ultimato l’inserimento a sistema erano 4.700: la Corte dei conti rivela che si riferiscono a 101 misure e rappresentano una quota di appena il 3 per cento del totale dei progetti attivi su quelle misure. In termini di spesa si riferiscono a investimenti per 2,7 miliardi, il 4 per cento delle risorse finanziarie associate ai progetti relativi alle 101 misure. Se appare da queste cifre tutta la preoccupazione per la lentezza della procedura di rendicontazione, che richiede una media di tre mesi per ogni misura inserita, con un 52 per cento dei progetti che ancora deve avviare la procedura – perché non è ancora arrivata alla verifica del ministero competente – la speranza è che lo stato effettivo di attuazione sia più avanti di quanto dica Regis.

Non manca qualche buona notizia, sempre collegata al raggiungimento degli obiettivi collegati al pagamento delle rate. Non è tanto il dato generale del 43 per cento di target e milestones centrati, buono giusto per un po’ di propaganda politica neanche troppo raffinata, quanto il fatto che fra questi obiettivi ci sono quelli delle riforme. E questo è un dato davvero buono perché abbiamo portato al capolinea il 63 per cento delle 72 misure di riforma programmata. Ipotizzando il raggiungimento degli ulteriori 17 obiettivi associati a riforme, questa quota salirebbe al 66 per cento. Il paese Italia ha realizzato, grazie al Pnrr europeo, un programma vasto e profondo di riforme fra cui la Relazione cita quelle sugli appalti e lo smaltimento dell’arretrato della giustizia. Ovviamente anche per il capitolo riforme, se associamo gli obiettivi a una qualche previsione di spesa, ecco che la quota raggiunta dell’investimento crolla al 4 per cento.

Interessante il capitolo ferroviario che prevede tredici programmi di investimento. La relazione della Corte dei conti evidenzia che al termine del primo semestre 2024 il livello della spesa si attestava al 28 per cento, ma altri due target da centrare a fine anno dovrebbero portare questo risultato al 39 per cento, consolidando quanto già raggiunto a settembre. Pesa, ovviamente, su questo buon dato il fatto che le ferrovie, con l’azione di Rete ferroviaria italiana, ha potuto contabilizzare pesanti progetti in essere con una spesa che procedeva già a ritmi sostenuti. Bisognerà poi tener conto delle notevoli difficoltà che sono insorte su alcune grandi opere come il Terzo valico (giacimento di gas), la Salerno-Reggio Calabria (ritardi della procedura), la Palermo-Catania (siccità) e la Napoli-Bari (frane).

Ritardi per molti progetti, sottolinea la Corte dei conti, anche sul fronte della casa e della rigenerazione urbana. In particolare, i programmi sulla Qualità dell’abitare (Pinqua) evidenziano scadenze pesantemente non rispettate per oltre un terzo dei progetti sul programma complessivo di 2,8 miliardi, con la sottolineatura che per l’80 per cento questi ritardi si evidenziano addirittura prima di arrivare alla fase del cantiere.

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