Le due vittorie dell’occidente dietro il collasso di Assad

La vicenda siriana ci mostra che il mondo si destabilizza quando l’occidente arretra (vale anche in Ucraina) e quando si disinteressa degli scenari di crisi creando un vuoto che qualcuno prima o poi riempirà. Il ruolo di Israele. L’analisi dello storico Montefiore

Cosa vuol dire oggi essere folgorati sulla famosa via di Damasco? Sebag Montefiore è uno dei più importanti storici in circolazione e ieri pomeriggio alla notizia della fine di una delle dittature più sanguinarie del mondo, quella di Assad, ha scritto tre commenti su X che aiutano senza ipocrisie a dare la giusta dimensione alla svolta siriana. Il primo elemento centrale è che è impossibile guardare alla caduta della brutale tirannia della casa di Assad senza provare gioia. Per 53 anni, dice Montefiore, “questa dinastia ha governato la Siria con sempre maggiore ferocia, fino al barbaro massacro nichilista degli anni successivi alla Primavera araba, sostenuto da un’alleanza omicida di Iran, Russia e Hezbollah, che ha trasformato il paese in uno stato vassallo iraniano. Circa 600.000 siriani sono stati uccisi mentre Assad e gli iraniani, i russi e Hezbollah hanno perpetrato di gran lunga la peggiore carneficina in medio oriente nei tempi moderni, simboleggiata dallo slogan: ‘Assad o il paese brucia!’. La caduta delle statue di Assad, l’apertura delle prigioni infernali e famigerate (in cui alcuni prigionieri erano sopravvissuti per 40 anni), la fuga della polizia segreta e ora la scomparsa del dittatore stesso sono uno sviluppo sorprendente, incoraggiante e gioioso”.

Il punto interessante dell’analisi è che si concentra poco sugli effetti della caduta e insiste molto sulle cause e tra le cause della svolta siriana c’è un fattore decisamente più solido rispetto a quello che ha alimentato il motore delle effimere primavere arabe del 2011: Israele. Il regime di Assad è morto, prima di tutto, perché coloro che avrebbero dovuto difendere Assad, gli iraniani e gli Hezbollah, dice lo storico, sono stati gravemente indeboliti da Israele, e il fatto che i più minacciosi generatori di terrorismo del medio oriente si siano indeboliti ci ricorda quanto le battaglie che combatte Israele sono anche le nostre. Da un lato c’è questo punto. Dall’altro lato invece a essere venute meno sono le difese offerte dalla Russia di Putin, impegnata a tal punto a doversi difendere dalla controffensiva ucraina da non essere riuscita a dedicare sufficiente attenzione allo scenario siriano, dove era intervenuta nel 2016, arrivando a garantire la stabilità e arrivando a conquistare il dominio di un porto strategico del Mediterraneo.

Un giorno, si potrebbe dire, i libri di storia daranno conto del modo in cui la Siria è stata salvata dalla brutalità di Assad grazie ai suoi vicini israeliani che hanno inferto duri colpi a Hezbollah e alle Guardie della Rivoluzione islamica, impedendo loro di salvare il regime di Assad, e grazie ai colpi inflitti alla Russia in Ucraina (sia gli iraniani sia i russi hanno a lungo usato i siriani come burattini nel loro fronte di resistenza anti americano e anti israeliano). Il tempo ci dirà, dice lo storico, se l’ex gruppo di al Qaeda, al-Nusra, ora noto come Hts e il suo leader camaleontico al Jolani, un islamista che non promette nulla di buono, “sono stati seri quando hanno annunciato tolleranza per tutte le sette, compresi cristiani, alawiti e curdi, e se desiderano davvero creare una democrazia in pace con Israele, o se questa è semplicemente l’ultima svolta nella loro lunga storia di rebranding, un nuovo inganno sulla strada per la creazione di uno stato islamista su cui la Turchia potrebbe esercitare una grande influenza”.

Quello che però possiamo già dire oggi è che negli ultimi mesi, grazie a Israele, grazie a Netanyahu, il medio oriente ha visto cadere una serie di attori che avevano provocato la sua destabilizzazione negli ultimi decenni. E in questo senso la carneficina del 7 ottobre, promossa dal giustiziato capo di Hamas Yahya Sinwar, è stata un disastro, dice Montefiore, non solo per i palestinesi e gli israeliani, i cui civili hanno sofferto gravemente, ma anche per l’intero asse della “Resistenza” formato da Iran e Hezbollah, che è stato distrutto da Israele, facendo crollare decenni di impero iraniano: la Mezzaluna sciita dall’Iran attraverso Iraq, Siria e Libano. Montefiore lascia intendere che in uno scenario ideale l’onda lunga della crisi siriana potrebbe essere un incentivo per promuoverne una di segno simile anche in Iran e non c’è dubbio che per poter decapitare il motore del terrore globale occorrerebbe puntare al bersaglio grosso, la testa della piovra.

Quello che è certo anche qui è che la storia siriana mette in luce un tema che riguarda una grande ipocrisia della politica estera occidentale contemporanea fondata sull’idea che l’occidente debba disinteressarsi il più possibile di ciò che succede in giro per il mondo perché esportare i princìpi democratici fuori dai contesti democratici è controproducente e crea odio nei confronti dell’occidente. La Siria ci mostra il contrario ed è lì a dirci che il mondo si destabilizza quando l’occidente arretra (vale anche in Ucraina) e quando si disinteressa degli scenari di crisi creando un vuoto che qualcuno prima o poi riempirà.

Da questo punto di vista, il fallimento del presidente Obama, nel 2015, nell’applicare le sue linee rosse quando Assad ha usato armi chimiche contro il suo stesso popolo, ricorda sempre lo storico, è stato un disastro per il potere statunitense nella regione, tanto che l’America non è riuscita a evitare quello che poi è accaduto negli anni: la resa all’egemonia iraniana. In questo senso la Siria oggi è lo specchio di quello che non vogliamo vedere: gli effetti del disimpegno dell’occidente non sono solo regionali ma sono mondiali e specularmente gli effetti del sostegno a Israele hanno una valenza non solo regionale perché i nemici di Israele sono i nemici dell’occidente e se i nemici di Israele si indeboliscono, l’occidente libero ha più probabilità in futuro di essere maggiormente protetto.

Conclusione di Montefiore: la tragedia della Siria potrebbe condurre a una meravigliosa fioritura di democrazia tollerante, con la fine della repressione, dell’islamismo e la conclusione della recente storia della Siria come giocattolo di potenze straniere. Oppure potrebbe essere solo l’ultimo atto di un fallimento dello stato siriano e della sua tragedia come campo di battaglia di contendenti locali, Iran, Israele, Turchia e le grandi potenze America e Russia. Un medio oriente disegnato come lo sogna Israele è un’opportunità per l’occidente. Ma un medio oriente in cui l’occidente decide di fare un altro passo indietro, come promette di fare oggi Donald Trump, può creare le premesse perfette per dare campo libero ad altri estremisti. Essere folgorati oggi sulla famosa via di Damasco significa soprattutto questo: capire che l’occidente, quando combatte per difendere se stesso, ottiene risultati importanti. E capire che quando l’occidente sceglie di non difendere ciò in cui crede ci sarà qualcuno che quel vuoto lo riempirà generando nuovo caos e nuovo terrore. La bussola in medio oriente c’è, seguirla potrebbe essere il primo passo per evitare che quel vuoto si trasformi in un nuovo estremismo.

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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