I versi più importanti della poetessa statunitense ritornano in libreria, con una raccolta che offre la decisiva conferma che le poche certezze sul senso della vita sono nascoste proprio tra gli intensi, irragionevoli palpiti della poesia
Esiste una viscerale corrispondenza tra il monocorde e ciclico ripresentarsi degli elementi naturali in un paesino di campagna e le stagioni irreversibili dell’esistenza umana. Con la raccolta “Una vita di paese” (traduzione di Massimo Bacigalupo, il Saggiatore), Louise Glück offre una decisiva, esemplare conferma dell’ipotesi per cui, se esistono certezze sul senso del nostro passaggio terreno, queste non si trovano tra regole, istruzioni o formule: sono nascoste tra gli intensi, irragionevoli palpiti della poesia. In campagna le “cose” della vita non possono avere troppi significati: terra, cielo, il fiume e la prima neve, il fuoco in una notte di luna che non scalda, la trebbiatura; ogni elemento occupa uno spazio indeformabile e questo limite si estende alle emozioni, alla fede, alla delusione. Le semplifica. E accompagna dall’infanzia alla morte prossima, attraverso l’adolescenza che inasprisce le emozioni, corteggia il sesso per poi, nel matrimonio, non riconoscerlo più; fino alla relazione con il proprio corpo, ultimo baluardo e destinatario di un’insolita, tardiva tenerezza (da Crocevia):
“La mia anima è stata così paurosa, così violenta:
perdona la sua brutalità.
Come se fosse l’anima, la mia mano passa su di te cautamente,
non volendo offendere
ma desiderosa, finalmente, di realizzare l’espressione come sostanza:
non è la terra che mi mancherà,
sei tu che mi mancherai”.
Dispiegati attorno alla fontana di Affluenti, escono allo scoperto gl’inarrestabili lavori in corso dei sentimenti; i vecchi indugiano a tavoli metallici, i ragazzi si specchiano, le mamme, se lo fanno, si rattristano: l’acqua non le incoraggia; le coppie datate si smarriscono, come immagini di un tempo lontano:
“Sono tutte sole alla fontana, in un pozzo buio.
Sono in esilio dal mondo della speranza,
che è il mondo dell’azione,
mentre per loro il mondo del pensiero non è ancora aperto.
Quando lo farà, cambierà tutto”.
In Mezzogiorno una giovane coppia vaga per la campagna sotto un sole non troppo caldo, in una libertà che è stata appena scoperta; si sdraiano sotto i pioppi e parlano, sanno di cosa, ma non lo nominano, non sono pronti; tra ciò che sanno – dovrebbe essere l’estate della passione – e la volontà del corpo, c’è una contraddizione:
“Conoscono persone che l’hanno fatto, come una specie di gioco o di prova –
poi dici, no, momento sbagliato, penso che continuerò a essere un
bambino”.
Tornando a casa nell’imbrunire senza fine, riconoscono che è stata una giornata perfetta:
“Sembra una condizione strana, essere molto giovani.
Hanno questa cosa che tutti vogliono ed essi no –
ma vogliono comunque tenerla; non hanno altro da cambiare”.
Nella notte di Matrimonio Louise Glück s’insedia nella coscienza di una sposa che giace al fianco di chi appare di nuovo estraneo:
“E il silenzio fra loro è antico: dice,
questi sono i confini.
Lui non dorme, nemmeno finge di dormire.
Il suo respiro non è regolare: inspira con riluttanza;
non vuole impegnarsi a vivere.
Espira velocemente, come un re che bandisce un servo”.
C’è un legame tra i poco amati frutti dell’autunno inoltrato, tra gli ortaggi che in Raccolto nessuno ama e la fine di ogni finzione della vita:
“Mi siedo alla finestra della camera da letto e guardo la neve che cade.
La terra è come uno specchio:
calma incontra calma, distacco incontra distacco”.