“Europa, abbiamo bisogno di te per difendere i tuoi confini, abbiamo bisogno di te perché tu possa continuare a dormire tranquilla”, ha scritto Nino Haratischwili sulla Faz in uno splendido e doloroso appello agli europei perché sostengano la resistenza georgiana contro Vladimir Putin, la resistenza ucraina contro Vladimir Putin, la resistenza dei popoli aggrediti da questo gigante che “non si è saziato, non si è placato”
“Europa, abbiamo bisogno di te per difendere i tuoi confini, abbiamo bisogno di te perché tu possa continuare a dormire tranquilla”, ha scritto Nino Haratischwili sulla Faz in uno splendido e doloroso appello agli europei perché sostengano la resistenza georgiana contro Vladimir Putin, la resistenza ucraina contro Vladimir Putin, la resistenza dei popoli aggrediti da questo gigante che “non si è saziato, non si è placato”. “Europa, stiamo sanguinando”, scrive la scrittrice georgiana che con i suoi romanzi familiari, nazionali, europeissimi (in Italia editi da Marsilio) ci ha portato nella storia della Georgia, paradigma dei popoli che si vogliono liberare dal gigante che “compra persone e governi, installa burattini ovunque voglia, li controlla e fa in modo che compiano la sua volontà”. Il suo appello è lo stesso che si ripete ogni notte nelle strade georgiane, pacifiche e coraggiose, protestando contro il governo che soffoca con la violenza il desiderio europeo della Georgia.
Il 28 novembre, il partito al governo Sogno georgiano, che sostiene di aver vinto le elezioni dello scorso 26 ottobre e nega i brogli, ha sospeso il processo di integrazione della Georgia nell’Unione europea, che è talmente fondativo per il paese da essere anche garantito da un articolo della Costituzione, il 78. Sogno georgiano aveva fino a quel momento utilizzato la bandiera europea nei suoi cartelloni della propaganda, imbrogliando molti georgiani che, quando hanno realizzato la truffa – una truffa che non è soltanto anti europea, ma che spinge il paese verso la Russia, grazie a un governo che “in nome del gigante cerca di paralizzarci, cucirci la bocca e riportarci alla schiavitù”, scrive Haratischwili – non hanno più smesso di protestare. Nonostante le botte, i nasi rotti, le ferite, gli arresti; nonostante il premier, Irakli Kobakhidze, ieri abbia riso in faccia ai giornalisti che gli chiedevano conto della violenza utilizzata contro i manifestanti, con lo sprezzo di chi si sente al sicuro perché protetto dai giganti; nonostante tutto, la protesta resta estesa e pacifica. Non c’è alternativa a nuove elezioni, dicono i manifestanti, perché questo governo che ha rubato il sogno europeo non rappresenta la volontà dei georgiani: non c’è alternativa perché di là c’è la Russia, che ha già invaso il paese nel 2008 e che ha già occupato il 20 per cento del territorio georgiano.
Ma i georgiani, per non essere annichiliti dal loro governo e dalla violenza della polizia, hanno bisogno del sostegno europeo e americano, che a parole arriva sempre caloroso e puntuale, ma che poi non si traduce in fatti concreti, se non da parte di alcuni paesi, come quelli baltici, che dall’invasione russa dell’Ucraina portano avanti assistenza e valori europei senza mai inciampare. La presidente georgiana, Salomé Zourabichvili, si fa garante dei manifestanti ma il suo mandato è in scadenza e Sogno georgiano ha già il sostituto, riceve le telefonate degli europei, ringrazia ma, come conclude Haratischwili: “Non ci servono tovaglioli né posate d’argento: abbiamo bisogno di una fionda, Europa, perché noi, Davide di questa terra, a volte perdiamo le forze. Allora dimmi, Europa, rispondimi: quante altre vittime dobbiamo sacrificare per convincerti del nostro amore?”.