La ong taccia Israele di genocidio, condanna l’eliminazione di Soleimani e l’esercito ucraino. In una proliferazione di rapporti in cui l’unico obiettivo è solamente uno: la dissoluzione dello stato ebraico
L’allora funzionaria della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, Agnès Callamard, in un tweet scrisse che “Shimon Peres ha ammesso l’assassinio di Yasser Arafat”. Tesi a cui nessun osservatore ha mai dato il minimo credito. Peres non ha mai dichiarato che Arafat fosse stato assassinato, ma in una intervista al New York Times l’allora presidente israeliano disse che si era opposto ai piani di eliminazione del leader palestinese. Da relatrice dell’Onu, Callamard avrebbe poi definito “illegale” l’uccisione di Qassem Soleimani, architetto delle operazioni terroristiche iraniane.
E’ cambiata la bio di Callamard, ma il tweet su Israele che ha ucciso Arafat sta ancora lì. Oggi Callamard è segretaria di Amnesty International, la gloriosa ong che vinse il Nobel per la pace nel 1977 ma della cui reputazione morale resta ben poco. La dimostrazione nell’ultimo rapporto di Amnesty su Gaza, dove la ong afferma senza esitazioni che “Israele sta commettendo un genocidio”. Il titolo stesso lascia intendere che lo stato ebraico è nazista: “Ti senti come se fossi subumano”. “Untermensch”, subumano, è la parola che i nazisti usavano per gli ebrei nei campi di sterminio. E infatti ieri i media sono andati a nozze col titolo di Amnesty. “Israele, fondato dopo la Shoah, rifiuta l’accusa di genocidio”, l’Associated Press. Il Guardian: “L’Olocausto ha dato origine a Israele e alla Convenzione di Ginevra…”. Il rapporto di Amnesty esce il giorno in cui Israele annuncia che, più di tre mesi dopo il recupero dei loro corpi da Khan Younis, altri sei ostaggi sono stati uccisi a bruciapelo da Hamas. Amnesty, come Oxfam che parla di “pulizia etnica a Gaza”, è davvero ossessionata da Israele.
Prima Jean-Claude Samouiller, presidente di Amnesty France, poi la segretaria di Amnesty Callamard, hanno rifiutato la definizione di “terrorista” per Hamas. “Non è riconosciuto dal diritto internazionale”, hanno detto. La stessa Callamard, non appena ha ripreso la guida di Amnesty, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Le tattiche di guerra ucraine mettono a rischio la popolazione civile”. Si legge in un altro rapporto di Amnesty sotto Callamard che “viene commesso il crimine di apartheid quando si verificano gravi violazioni dei diritti umani nel contesto di un regime di dominio da parte di un gruppo razziale rispetto a un altro”. Ne consegue che il “gruppo razziale” ebraico commette apartheid. Non è difficile indovinare l’ultima volta che gli ebrei sono stati definiti una “razza”. Ai tempi degli untermensch.
Un altro rapporto di Callamard presenta una serie di raccomandazioni per migliorare la sorte dei palestinesi in Israele e nei territori. Fra queste, il ritorno in massa dei rifugiati palestinesi. Se attuato, sarebbe la dissoluzione di Israele. Il mondo avrebbe ventitré stati arabi e nessuno stato ebraico. Che è quello che vogliono. Lo dicono. Il direttore di Amnesty negli Stati Uniti, Paul O’Brien, ha affermato che la sua organizzazione è contraria al fatto che “Israele continui a esistere come stato del popolo ebraico”.
“Siamo contrari all’idea – ha detto O’Brien intervenendo al Women’s National Democratic Club a Washington – e questa penso sia una parte esistenziale del dibattito”. Sicuramente è parte dell’agenda di una ong che ha perso ogni credibilità e finita, secondo Salman Rushdie, in una triste “bancarotta morale”.