Barnier si è dimesso, Macron cerca un nuovo premier. Stasera il discorso al paese

A soli tre mesi dalla nomina, l’ex capo negoziatore della Brexit è il primo ministro più breve della storia della Quinta Repubblica. Il presidente vaglia le alternative e prende quota l’ipotesi François Bayrou. L’attesa è per il discorso pubblico di questa sera alle 20

Parigi. Era stato chiamato per rimettere la Francia sui binari della ragione e della stabilità, per farla uscire da una crisi politico-istituzionale che dura da ormai troppo tempo. Michel Barnier passerà invece alla storia come il primo ministro più effimero della storia della Quinta Repubblica. L’ex capo negoziatore della Brexit per l’Ue è stato sfiduciato ieri sera da una mozione di censura votata mano nella mano dal Nuovo fronte popolare, la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, e dal Rassemblement national di Marine Le Pen, il principale partito sovranista francese: “La convergenza delle lotte degli ingegneri del caos”, ha denunciato la portavoce dell’esecutivo dimissionario Maud Bregeon.

Barnier è caduto sul disegno di legge allegato al bilancio sul finanziamento della Sécurité sociale, il generoso sistema di protezione sociale francese, a soli tre mesi dalla sua nomina a Matignon e sullo sfondo di un paese in forti difficoltà finanziarie (“Is France Now Greece on the Seine?”, si è chiesto il Wall Street Journal in questi giorni). Più di 130 mozioni di censura sono state depositate dal 1958 in poi, ossia dalla nascita della Quinta Repubblica, ma una sola è stata adottata: la mozione del 1962 contro l’elezione del presidente della Repubblica a suffragio universale, che fece cadere l’allora governo Pompidou. Quella di ieri sera, è stata dunque la seconda della storia della Cinquième.

Questa mattina, Barnier si è recato all’Eliseo attorno alle 10 per presentare le sue dimissioni e quelle del suo governo al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, che le ha accettate. Nel primo pomeriggio, il capo dello stato accoglierà all’Eliseo la presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet, e in seguito il presidente del Senato, Gérard Larcher, per ragionare sulle vie d’uscita all’impasse istituzionale. Ma l’appuntamento più importante è previsto questa sera alle 20, quando Macron pronuncerà un discorso alla nazione in diretta televisiva (sarà trasmesso su Tf1 e France 2).

Secondo quanto trapelato dall’Eliseo, vorrà mostrarsi rassicurante, ribadirà che l’economia francese è solida nonostante gli scossoni politico-istituzionali e che gli investitori stranieri non hanno alcun motivo di essere preoccupati da un’instabilità che considera temporanea. Ma la domanda che si fanno tutti è se Macron approfitterà del suo discorso per annunciare anche il nome del nuovo primo ministro. Ad alcuni giornali, il capo dello stato ha fatto sapere che vuole muoversi molto rapidamente per sostituire Barnier. E a confermare la sua fretta è stato anche un ex ministro a BfmTv, secondo cui il presidente “non vuole apparire davanti a Donald Trump senza governo”, in occasione della riapertura ufficiale di Notre-Dame prevista nel fine settimana.

Prima di scegliere il prossimo capo di governo, tuttavia, l’inquilino dell’Eliseo dovrà assicurarsi che non sarà ostaggio della censura del Rassemblement national, come lo è stato Barnier in questi tre mesi. Ciò richiede telefonate, trattative, spiegazioni, pedagogia con i vari gruppi politici, dunque, molto probabilmente, qualche giorno in più. Uno dei favoriti, Sébastien Lecornu, ministro delle Forze armate del governo uscente, ha dichiarato questa mattina a Rtl di non essere “candidato a nulla”, tirandosi de facto fuori dalla corsa a Matignon. Prende dunque quota l’ipotesi François Bayrou, leader del MoDem e vecchia volpe della politica francese, in rapporti cordiali con Marine Le Pen con cui condivide la battaglia per l’introduzione di una dose di proporzionale alle prossime elezioni. Ieri sera, un articolo del Figaro ha raccontato la collera di Macron dinanzi all’ampio numero di deputati che ha votato la mozione censura, 331, e all’atteggiamento giudicato irresponsabile dei socialisti. “Ritiene che si sia formato un fronte anti repubblicano all’Assemblea”, ha sussurrato al Figaro un membro dell’entourage. L’Economist, al centro della copertina del suo ultimo numero dedicato ai tumulti francesi, ha posto la classica insegna della fermata della metropolitana di Parigi con una scritta breve ma esplicativa: “Merde”.

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