Sconfitta ad Anzio e Nettuno, storiche roccaforti. Da giugno, nelle amministrative, il centrosinistra ha vinto otto comuni su nove. Mentre il presidente Rocca e la sua assemblea regionale sono bloccati dagli screzi tra alleati
Da Anzio e Nettuno fino alla Pisana. Il mal di Lazio, le grane dei Fratelli d’Italia, del centrodestra e un po’ anche della premier Meloni passano anche da qui. Tra sconfitte elettorali sul litorale e un presidente di regione che fatica a governare e incidere.
Sono piccoli segnali, certo. Ma iniziano a essere numerosi e messi in fila restituiscono qualche significativa indicazione. Le ultime due scoppole per il centrodestra (locale) sono arrivate un po’ a sorpresa ad Anzio e Nettuno, in una di quelle zone tradizionalmente considerate una roccaforte. Da queste parti Pd e soci non riuscivano a imporsi da 26 anni, nel caso di Anzio, mentre bisogna tornare al 2014 per Nettuno. “Un po’ come perdere a Sassuolo per la sinistra”, parafrasando Romano Prodi. Al ballottaggio di domenica scorsa è arrivato il ribaltone. Dopo un primo turno che aveva visto i candidati del centrodestra davanti, Nicola Burrini – sostenuto dal Pd e da alcune liste civiche – ha vinto nettamente a Nettuno con oltre il 57 per cento . Mentre ad Anzio, Aurelio Lo Fazio si è imposto con il 55,25 per cento delle preferenze (in questo caso, oltre a Pd e civiche c’era anche il M5s). Numeri che hanno permesso al segretario dem del Lazio, Daniele Leodori, di vantare un “successo storico”.
L’affluenza nei due comuni, sciolti entrambi per infiltrazioni mafiose nel 2022, è stata parecchio bassa, poco più del 30 per cento in entrambi i casi. Ma per un centrodestra che qui è di casa e governa in regione è forse un aggravante. E poi Anzio e Nettuno non possono essere considerati casi isolati.
Nelle amministrative di giugno il centrosinistra a trazione dem si era ripreso, sempre passando per il ballottaggio, Civitavecchia, Palestrina e Tarquinia. Più in generale, considerando i comuni di oltre 15 mila abitanti, gli ultimi due passaggi elettorali consegnano un quadro impietoso per il centrodestra, sconfitto otto a uno. Dai territori nel frattempo c’è chi lamenta una scarsa attenzione e vorrebbe un maggiore impegno dei big. Ultimamente anche esponenti come Francesco Lollobrigida, il ministro dell’Agricoltura, che era solito frequentare le sezioni di provincia pare si faccia vedere meno tra i militanti.
Sono discussioni, forse illazioni, che si aggiungono alle notizie non proprio incoraggianti che arrivano dalla Pisana. La gestione di Francesco Rocca infatti continua ad arrancare, alle prese con alleati un po’ riottosi. Oppure con le proteste di categoria, come quelle di Coldiretti Lazio, che a differenza della sua versione nazionale, ha un rapporto più tumultuoso con il centrodestra. Nelle ultime settimane sembra esserci stata una schiarita: un incontro tra le parti dopo il quale Rocca ha annunciato di aver accolto le richieste degli agricoltori, concordando una serie di interventi a favore delle filiere e l’istituzione di alcuni fondi integrativi ed emergenziali. Nei prossimi giorni le attenzioni dell’aula saranno rivolte al Bilancio regionale, da approvare entro la fine dell’anno. Una priorità di cui si discute in queste ore tra consiglieri regionali, ma che certo non nasconde i problemi di Rocca sulla giunta. Semmai li rimanda all’anno nuovo. Il braccio di ferro va avanti ormai da mesi, immobilizzando l’azione del presidente e dell’assemblea. Forza Italia non arretra, si è spinta a minacciare l’appoggio esterno e continua a chiedere un riconoscimento maggiore dopo i risultati elettorali delle europee e dopo aver visto accrescere i suoi consiglieri con una campagna acquisti anche a spese della Lega. Così i lavori dell’aula languono e una soluzione ancora non si vede, tanto che qualche giorno fa con una nota i consiglieri forzisti Roberta Della Casa e Fabio Capolei denunciavano che ben 17 proposte di legge non erano state ancora calendarizzate, pur essendo state presentate da mesi.
In questo quadro le opposizioni hanno gioco facile e attaccano, mentre Leodori, leader Pd in regione, già guarda al 2028, lavora sui territori per riprendersi la regione. “Il Pd c’è e il centrosinistra unito cresce. Siamo l’alternativa, sia nel Lazio che a livello nazionale”. Ma prima ancora si tornerà a votare anche a Roma, il mandato di Gualtieri finisce nel 2026, la capitale è da sempre uno degli obiettivi di Meloni. Quel che manca ancora a FdI infatti è la guida di una grande città. Ma con queste premesse il rischio è di replicare il magro risultato del tribuno Enrico Michetti.