La disinformazione del Cremlino sull’alleanza fra islamisti e servizi segreti ucraini contro la realtà delle bombe russe sugli ospedali di Idlib
Mentre i jet russi bombardavano gli ospedali di Idlib, dall’altra parte del mondo, dal tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il rappresentante di Mosca sbraitava che la riunione sulla situazione in Siria stava diventando una “farsa”. In segno di protesta, Vassily Nebenzia ha abbandonato la sala non appena ha preso la parola Raed Saleh, direttore dei White Helmets, un gruppo di volontari che da anni offre assistenza per recuperare i sopravvissuti dalle macerie degli edifici distrutti dall’aviazione russa e siriana. Un personaggio “totalmente inadeguato” a intervenire, ha sostenuto Nebenzia. Ne è scaturito uno scambio di accuse con la delegazione americana, culminato con la tesi, sostenuta dai russi, che dietro ai ribelli di Hayat Tahrir al Sham (Hts), alla guida della coalizione di milizie che hanno preso il controllo di Aleppo, ci siano l’Ucraina e, quindi, l’occidente. “Gli agenti dell’intelligence ucraino si sono infiltrati fra i terroristi di Hts, sostenendoli con le armi e addestrandoli con il coordinamento dell’occidente” che a sua volta sostiene l’Ucraina, ha detto Nebenzia. Robert Wood, l’ambasciatore americano, si è limitato a smentire e a ricordare che “il fatto che Hts rientri nella lista dei terroristi degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite non giustifica le atrocità commesse dal regime di Assad e dai suoi sostenitori russi”. Da Mosca, anche la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, ha rilanciato la tesi delle “forze esterne” che avrebbero facilitato l’avanzata dei terroristi islamici in Siria.
Per Mosca, la versione complottista è un vestito che si adatta a ogni contesto. Vale per la guerra in Ucraina, come per le manifestazioni filoeuropeiste in Georgia e per la guerra in Siria. La storia dell’ingerenza ucraina non è una novità. “La versione del sostegno di Kyiv ai ribelli di Hts è stata lanciata da Mosca circa 18 mesi fa e da allora il regime siriano si è accodato”, spiega al Foglio Charles Lister, direttore del Middle East Institute di Washington. L’ultima volta che era stata rilanciata è stato una settimana prima dell’inizio dell’offensiva dei ribelli. Era stato il quotidiano al Watan, schierato con il regime, a scrivere che “l’intelligence ucraina continua a sostenere il Fronte al Nusra a Idlib”.
Nel 2024 sono stati diffusi tre video – la cui autenticità è ancora dibattuta – che dimostrerebbero il coinvolgimento dei servizi ucraini in Siria. Nell’ultimo di questi filmati, girato a sud di Aleppo a settembre, si vede l’esplosione di un deposito di munizioni, su cui sventola la bandiera russa, innescata dal colpo di un fucile sparato da una ridotta dove si intravede il disegno di una bandiera ucraina. Secondo Lister, ci sarebbero stati altri attacchi per i quali non sono arrivate rivendicazioni e lanciati in aree in cui non si era a conoscenza della presenza di milizie dell’opposizione. “E’ possibile che alcuni di questi siano riconducili agli ucraini, ma non ci sono prove di una collaborazione fra i servizi di Kyiv e gli islamisti di Hts nel nord-ovest”.
Ma se anche gli ucraini siano davvero intervenuti in Siria, dice l’esperto, il peso specifico di queste azioni sarebbe irrilevante rispetto alla portata dell’operazione militare lanciata dai ribelli in questi giorni. A Mosca tutto questo poco importa. Lo scopo delle campagne di disinformazione, basate sulla manipolazione dei fatti in modo da ingigantirli o ridimensionarli a seconda delle necessità, è semplicemente quello di insinuare il dubbio. La versione complottista del coinvolgimento ucraino in Siria è funzionale alla strategia di Vladimir Putin di ritagliare per la Russia il ruolo di potenza anti imperialista nella regione, che è poi la principale ragione per cui Mosca decise di entrare nella guerra nel 2015. Spendendo formule vuote come “de-escalation” e “lotta al terrorismo” dalle stanze dell’Onu, Putin ha tentato di mascherare la sua brutalità sui campi di battaglia al fianco del regime siriano. La comunità internazionale volle credere al presidente russo, quando acconsentì alla creazione di quattro “zone di de-escalation” in Siria, pur consapevole che così facendo queste sarebbero finite facilmente sotto il controllo di Russia, Iran e regime. L’ultima che restava immune, grazie a un accordo con la Turchia, era Idlib, che in queste ore è bombardata con violenza dall’aviazione russa con decine di morti fra i civili. Il controllo del porto di Tartous – unico accesso diretto al Mediterraneo – e la guerra allo Stato islamico sono tra le ragioni per cui la Siria è importante per Putin. Ma è la contrapposizione agli Stati Uniti e all’occidente il motivo per cui l’amicizia con Assad è strategica per il Cremlino.