Hunter era condannato per tre reati federali, ma il padre aveva detto che non avrebbe mai usato i suoi poteri presidenziali per aiutarlo: “Spero che gli americani capiscano”. Donald Trump parla di “abuso ed errore giudiziario”
Lo scorso giugno il figlio di Joe Biden, Hunter Biden, era stato condannato per tre reati federali da una giuria del Delaware per aver mentito nel 2018 su un modulo per l’acquisto di un’arma dichiarando di non fare uso di droghe illegali: ha posseduto illegalmente quell’arma da tossicodipendente per 11 giorni. A settembre si è poi dichiarato colpevole di nove accuse fiscali in una corte federale di Los Angeles, poco prima della selezione della giuria per il processo: è stato accusato di aver evaso 1,4 milioni di dollari. Rischiava fino a 25 anni di carcere nel primo caso e fino a 17 nel secondo.
Sin dal processo sulle armi, Joe Biden, da presidente degli Stati Uniti, ha dichiarato che non avrebbe usato i suoi poteri presidenziali per graziare o commutare la pena di suo figlio Hunter. Al summit del G7 in Italia ha ribadito di fidarsi della giuria che lo aveva dichiarato colpevole e che non avrebbe concesso la grazia, e la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha ribadito questa decisione in più occasioni. Eppure domenica, Biden non ha mantenuto la promessa, concedendo a Hunter una grazia totale a tutti i reati che “ha commesso o potrebbe aver commesso o a cui ha preso parte nel periodo dal primo gennaio 2014 al primo dicembre 2024”. “Spero che gli americani capiscano perché un padre e un presidente abbia preso questa decisione”, ha scritto. Poco dopo Trump ha definito la grazia “un abuso e un errore giudiziario”, ha tirato in ballo i rivoltosi del 6 gennaio 2021, suggerendo che alcuni potrebbero essere graziati appena entrerà in carica.