Dal meme alla politica, Elon Musk si fa stregone e leader del movimento che sfida le convenzioni, mescolando caos, oscurità e potere tecnologico
Mentre il mondo si affrettava a ironizzare sull’Elon Musk zompettante alle spalle di Donald Trump, sul palco elettorale di Butler, in Pennsylvania, altri individui, poco dopo, coglievano l’apparentemente criptico messaggio lanciato dal magnate in occasione del comizio al Madison Square Garden. Non appena avvicinatosi al microfono e scalzato il candidato alla presidenza, Musk ha dichiarato: “Non sono MAGA, sono dark, gothic MAGA”. In entrambe le occasioni, esibiva calato sulla testa un cappello da baseball. Non più rosso fiammeggiante, ma ora nero. Nerissimo. Con la traslucida scritta Make America Great Again.
Dark MAGA non è soltanto l’evoluzione 4.0 del precedente slogan, della invocazione agli americani affinché con il loro voto rendessero di nuovo l’America grande: è qualcosa di più ed è soprattutto qualcosa di “tra”.
Come nelle antiche profezie lovecraftiane di creature che non vivono negli spazi ma “tra” gli spazi, forme oscure interstiziali capaci di popolare i non-luoghi ctoni del virtuale, così il Dark MAGA è andato affermandosi a partire dal 2022, subito dopo i fatti di Capitol Hill, non in spazi ma “tra” determinati spazi, digitali per la precisione, fino a rendere il proprio mesaggio del tutto collimante con quei non-luoghi. E lo ha fatto snudandosi serpentino dove tutto aveva avuto inizio; i subReddit.
Reddit, forum di discussione tentacolare e caotico, radicale nella sua adesione a un canone di libertà di espressione totale, era balzato già all’onore, e all’orrore, delle cronache quando nel 2016 aveva inaugurato la guerra dei meme, poi proseguita nella sua germinazione e nella sua incubazione sui lidi di 4chan e di 8kun, altre due entità di discussione virtuale il cui tasso di violenza verbale ed estetica risultava avere qualcosa di sacrificale e di vertiginoso.
Un coacervo malmostoso di ironia nerissima, fascinazione per i mitemi pop ed esoterici, una mobilitazione totale nel nome di un trumpismo poco, ma poco solo in apparenza, ideologico, e molto dirompente: fabbrica dei troll, industria dei meme, dei claim di battaglia, che questa volta poteva contare sulla cassa di risonanza globale di X, nelle mani dello stesso Musk che del Dark MAGA si è fatto stregone in capo.
E se tra il 2021 e il 2022, dopo l’assalto ai palazzi del potere, il Dark MAGA si era presentato con i colori oscuri della revanche, filosofia da panzerfaust ibridata con gli iper-sigilli, per dirla alla Grant Morrison, della cultura popolare e digitale, con il passare delle settimane, dei mesi, con l’aura decadente della presidenza Biden e la debolezza, fiutata, percepita, della Harris, esso si è trasformato nell’attrattore e nell’aggregatore di una forza che fosse al tempo stesso polarizzante e mobilitante.
Come era già avvenuto nel 2016 con la Great Meme War, anche questa volta si è scelta la strada della iper-semplificazione; ai profeti della complessità e della contestualizzazione, agli odiatori dell’odio, ai decostruttori di ogni canone e di ogni identità si è opposta una omeopatia della morte, una decostruzione di grado ancora maggiore.
Non si pretende che vi sia uno sforzo ideologico consapevole in questa alchimia di silicio e magia del Caos, ma di certo pasturata per le brulle lande di Reddit ha attecchito la filosofia dell’Illuminismo Oscuro seminata nel corso degli anni da Nick Land: senza voler stabilire nessi forzati o pretestuosi, è del pari evidente come molte delle parole d’ordine coniate dall’ex fondatore dell’accelerazionismo, poi trasmigrato a Shangai e infine approdato ai lidi ideologici dell’Illuminismo Oscuro, siano la reazione, in senso fisico e culturale, alla decostruzione progressista. Ci sono buone possibilità che Musk lo conosca. È certo, invece, che Peter Thiel, venture capitalist tra i più influenti nella innovazione digitale e amico di Musk, lo conosca.
I suoi messaggi sono lentamente filtrati, per il tramite dei suoi aficionados, nella cultura digitale. Inoculati come medicina, pharmakon derridiano, veleno sinuoso e fumigante.
Ironico paradosso per un mondo, quello progressista, che tanto si è arrembato dietro le sottane del neo-post-strutturalismo, della dissezione laminata di ogni oggettività, di ogni realtà, di ogni identità, trovarsi ora davanti la bocca d’inferno di una decostruzione superiore e polare e venire ripagato con la sua stessa moneta.
Notava Ray Brassier, l’autore del seminale “Nihil Unbound”, nella introduzione a “Collasso”, opera di Land tradotta e pubblicata anche in Italia dalla LUISS University Press, come il filosofo britannico sia partito da una furiosa ipotesi de-costruttiva per approdare a un altrettanto furioso culto del Nomos, la difesa perimetrale e geometrica del segno che nel digitale metabolizza infinite possibilità.
E no, non è del tutto vero quanto Stefano Da Empoli notarilmente effigiava nella introduzione a “Illuminismo oscuro” di Land edito in Italia da Gog; e cioè che il filosofo inglese sarebbe pensatore non serio.
I fumi degli scantinati dell’Università di Warwick, dove tutto trovò inizio negli anni Novanta con la CCRU (Cybernetic Culture Research Unit) che lo stesso Land, con Sadie Plant, fondò, non saranno di certo la summa architettonica del metodo scientifico, ma in Land c’era, e c’è ancora, quella ferocia assorta e cinica di chi vede sia oltre che “tra”.
La stessa alta tecnologia, come ricorda Luciano Floridi, è epitome del “tra”, di un oggetto che in certa misura finisce per soggettivizzarsi, divenendo ciò che Bruno Latour, e con lui il giurista Gunther Teubner, hanno definito, ricontestualizzando il lemma in uso nella semiotica, “attante”; un ente che si situa tra oggetto e soggetto e che prende a nutrire pretese e una sua qualche forma di volizione.
Un Golem culturale, tecno-industriale, come qualunque elemento della sfera tecnologica, dagli algoritmi alla robotica, sa essere. E Land tutto questo lo vide, molto prima che ciò filtrasse tra le spire del dibattito pubblico “serio”.
Non per caso, a Land, simpatico o antipatico che possa starci, dobbiamo anche la lettura dei Mark Fisher, delle Sadie Plant, dei Kodwo Eshun, dei Ray Brassier. Forse si sarebbero affermati anche senza di lui, ma di certo non avrebbero avuto quella postura dirompente e frattale che solo la sua ombra avrebbe potuto garantire.
Land, partito da Deleuze e Guattari, ma soprattutto da Bataille, e si leggano i pensieri che gli dedica in ‘The Thirst for Annihilation’, trascolorato attraverso la cultura rave, il cyberpunk, Lovecraft, i meme appunto, approda infine a un neo-cameralismo da Lega Anseatica del postmodernismo digitale: via i libri, via le analisi ponderate, se mai ponderato e Land possano coesistere nella medesima frase, ecco la supremazia dei blog, dei Curtis Yarvin e dei neo-reazionari statunitensi, l’apoteosi gotica della macchinizzazione deleuziana che si rende impero in cui l’umanità si sdilinquisce nelle e “tra” le macchine intelligenti.
Non più, gli umani e le macchine, oggetti né veri soggetti, ma attanti, ibridi, dispositivi complessi che partecipano al tempo stesso di ogni dimensione, esattamente come i troll del digitale che hanno ben compreso come un meme sia infinitamente più potente di tutti i libri di Judith Butler o dei discorsi delle star di Hollywood e della musica messi assieme.
Perché un meme scuote, scalcia, sventra la plastica complessità, verbosa e pastosa, snuda le ipocrisie, suscita lo sberleffo che rende partecipativo, intimo, il riflesso di odio e di complicità. Semplifica magicamente ciò che in apparenza mai potrebbe essere semplificato, grida che il Re è nudo, abbassa, volgarizza e aristocratizza, e soprattutto prende vita, come una forza elementale, ci assegna una nuova forma, una nuova identità; una intelligenza collettiva, un egregore, che unisce tra loro il messaggio, amplificandolo, e tutti coloro che lo condividono, rendendoli figli di una mobilitazione totale meccanizzata e macchinizzata.
Il pensiero diviene forma culturalmente armata, identità politica, l’isolamento forza accrescitiva, una ballata triste e dolente di hikikomori con sulle spalle sogni di gloria finalmente riscattati e vendicati.
Il linguaggio, quasi magico, della vendetta, del riscatto, della nuova identità, di nuove frontiere da colonizzare, ha avuto presa, operando su molti e distinti livelli, su tutta quella vasta fascia di popolazione che si è sentita per anni abbandonata, alla deriva, non rappresentata e isolata.
E mentre le astronavi continuano a infiammarsi al largo dei Bastioni di Orione, in attesa della SpaceX muskiana, gli Stati Uniti si apprestano a svernare sotto il segno zodiacale del Caos.