A ben vedere la scelta del Parlamento australiano, netta e bipartisan, potrà rivelarsi una piccola rivoluzione capace di produrre effetti molto più incisivi e soprattutto positivi di tante altre ambiziose misure sulla condizione giovanile. Certo, come spesso accade quando si sottopone all’azione del legislatore un comportamento umano, c’è sempre un conflitto tra libertà del singolo e un presunto principio etico. Qualche anno fa suscitò una diffusa discussione la foto che mostrava tre ragazze sedute su una panchina in una sala del Metropolitan Museum di New York. Alle spalle delle tre adolescenti c’era un importante e bellissimo dipinto del pittore francese del Diciottesimo secolo Jean Baptiste Greuze, titolo “Egina visitata da Giove”. Ebbene, invece di ammirare l’opera, le tre ragazze erano assorte nel loro smartphone, concentrate su chissà quale social. E’ un’immagine ricorrente, anche a noi sarà capitato di notare giovani concentrati sui social piuttosto che sulla bellezza, dall’arte alla natura, che in quel momento li circonda. I social creano spesso un mondo virtuale e finto, che, soprattutto nell’età della crescita, può produrre distorsioni della realtà. E soprattutto un ambito che sottrae tempo prezioso alla lettura, allo sport, alla musica o a una semplice passeggiata in un parco. La decisione australiana, con il suo richiamo a “misure ragionevoli” a carico delle società dei social media, apre la strada quantomeno a una riflessione e poi eventualmente all’adozione di misure anche in Italia. Bisogna capire quanto in concreto questo divieto sia efficace e non venga aggirato. La storia ci dimostra che il progresso tecnologico non può essere arrestato. Ned Ludd (da lui il luddismo) non riuscì a fermare l’introduzione delle macchine nei processi industriali. Quello che si può fare, con buonsenso, è armonizzare sempre la tecnologia con l’umano.