Dopo Aleppo, Hama. Assad non è mai stato così debole

L’avanzata prosegue spedita verso sud, Attacchi ai check point del regime anche nella provincia meridionale di Daraa e voci di scontri a Damasco. Mistero su un aereo russo atterrato nella capitale

Se Aleppo è ormai quasi completamente nelle mani della coalizione dei ribelli, ora è Hama a essere al cuore dell’offensiva, mentre si rincorrono voci non confermate di mobilitazioni persino a Damasco. E’ la città resa tragicamente celebre per essere stats luogo di massacri efferati e su base etnica perpetrati dal regime per punire i ribelli – prima venne quello ordinato da Hafez Assad nel 1982, e poi quelli voluti dal figlio Bashar tra il 2011 e il 2012. E poi c’è il sud del paese, la provincia di Daraa, dove l’apertura di un altro fronte era auspicata dall’opposizione e temuta dal regime. E se gli uomini di Assad sembrano in rotta a nord, nel pomeriggio di sabato un Iliyushin delle Forze armate russe proveniente da Mosca è atterrato a Damasco. Non si sa se l’aereo sia arrivato in Siria per prelevare la famiglia Assad e portarla in salvo in Russia – lo riferiscono fonti locali riportate da Charles Lister del Middle East Institute – oppure per altri motivi. Anche il regime iraniano è in allarme. Si parla di una certo nervosismo da parte del ministro degli Esteri, Abbas Araghci, che avrebbe chiamato il suo omologo russo Sergei Lavrov e avrebbe programmato un viaggio a Damasco.

Quel che è certo è che mai come in quasi 14 anni di guerra civile il regime di Assad è stato così pericolante. Sono bastate poche ore per dissolvere le linee difensive del nord-ovest. I video diffusi su Telegram mostrano colonne di mezzi blindati in fuga verso sud, cacciati dalla rapida avanzata delle milizie riunite sotto l’ombrello di Fatah al Mubin – molte delle quali sono gruppi islamici radicali, la più grande e forte è quella di Hayat Tahrir al Sham (Hts). Il tono degli appelli rivolti dal leader di Hts, Abu Muhammad al Julani, continua a essere inclusivo e moderato – con il chiaro intento di catalizzare attorno a sé anche le milizie dell’oposizione storicamente rivali e di tranquillizzare le minoranze etniche e religiose. Uno dei messaggi inviati da Hts alle zone liberate dice che la priorità è “rassicurare tutte le minoranze, inclusi i cristianim che le loro vite, le loro proprietà, i luoghi di culto e la loro libertà saranno assicurate”. Poi è arrivato un invito diretto a Vladimir Putin: “La rivoluzione siriana non è contro la Russia e non è parte della guerra tra Ucraina e Russia. Chiediamo ai russi di non legarsi agli interessi del regime e di Assad ma a quelli del popolo siriano per la sua storia civiltà e futuro”, dice un comunicato dell’Amministrazione degli affari politici di Idlib, centro nevralgico di Hts.

Nella mattinata i russi avevano lanciato un attacco aereo su Aleppo, a Piazza Bassel, dove decine di ribelli festeggiavano l’abbattimento della statua equestre dedicata a Bassel Assad, fratello del presidente morto nel 1994. Poteva essere l’inizio della ritorsione dei russi, ma per motivi ancora poco chiari non lo è stato e gli alleati di Assad sono tornati alla loro sorprendente inazione davanti all’avanzata delle milizie. Hts e le altre milizie sono riuscite a conquistare anche quel che restava nelle mani del regime della provincia di Idlib, dove Abu Dhuhur, Maarat al Numan, Kafr Nabl e Khan Sheikhoun sono cadute – quest’ultima nel 2017 fu il teatro di uno dei più sanguinosi attacchi chimici compiuti dal regime.

“Non credete alle notizie infondate. Le forze armate continuano a combattere contro i terroristi”, dice un comunicato delle forze armate del regime. L’evidenza dimostra però che le cose stanno diversamente. Gli attacchi lanciati in serata alle postazioni delle forze armate siriane a Inkhil, nella provincia meridionale di Daraa, potrebbero preludere a un effetto ancora più disastroso per Assad, e non solamente per la vicinanza geografica con Damasco. Qui i gruppi armati dell’opposizione al regime sono sempre rimasti attivi – per esempio a Suwayyda – ma la storia della guerra civile siriana ha dimostrato che Israele, che occupa il Golan poco distante, in passato ha offerto sostegno ad alcune delle fazioni ribelli contro Assad. Non è escluso che possa tornare a intervenire anche stavolta, sentendo concreta la possibilità di rimuovere uno dei pilastri dell’Asse della resistenza.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare “Morosini”. Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.

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