Quando il governo si è trovato ad affrontare il tema “banche” ha dato spesso il peggio di se e non serve ricordare le goffe marce indietro che l’esecutivo ha dovuto compiere sul tema delle tasse agli extra profitti alle banche
È stata una settimana vivace in economia, in Italia, per via di una notizia che ha rotto gli schemi della finanza, arrivata lunedì mattina. Unicredit, una delle banche più importanti d’Italia e d’Europa, ha lanciato un’offerta su una banca particolarmente ambita, il Banco di Milano. L’offerta è, come si dice, carta su carta, Unicredit offre agli azionisti di Bpm azioni di Unicredit, ma al di là dei tecnicismi l’elemento interessante di questa partita è stata la reazione del governo.
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Il ministro Giorgetti aveva scelto Bpm, insieme con altre banche, per portare avanti un processo di privatizzazione di Mps, la banca di Siena, e l’offerta di Unicredit a Bpm ha ovviamente rotto le uova nel paniere al governo. Risultato: Giorgetti ha minacciato di utilizzare il golden power contro una banca italiana, Salvini ha demonizzato una banca italiana considerandola straniera, il governo si è schierato contro l’operazione di Unicredit, Bpm ha fatto sapere di considerare l’offerta di Unicredit irrisoria. La partita in questione è un test per il tessuto finanziario italiano ma è anche una cartina al tornasole degli istinti sovranisti del governo. Fino a oggi, quando il governo si è trovato ad affrontare il tema “banche” ha dato spesso il peggio di se e non serve ricordare le goffe marce indietro che l’esecutivo ha dovuto compiere sul tema delle tasse agli extra profitti alle banche. Su Unicredit il rischio cortocircuito è dietro l’angolo per ragioni simili: può una maggioranza essere credibile se considera le banche da difendere solo quando queste sono in sintonia con ciò che pensa il governo? Si scrive mercato, si legge realtà.