Di chi sono le storie, di chi le vive o di chi le scrive?

Saada Arbane sostiene di essere stata paziente della moglie dello scrittore Kamel Daoud, psichiatra, e che la trama del romanzo “Houris” riproduca la propria storia, origliata o spifferata

Di chi è una storia? Di chi la vive o di chi la scrive? Parto da un esempio non controverso: Erica Mou, cantautrice di multiforme ingegno, ha pubblicato un bel libro che racconta con delicatezza e un tocco di ironia la malattia e la morte della madre (Una cosa per la quale mi odierai, Fandango, 204 pp., 16 euro€). Gli ha dato forma di romanzo, come da copertina, ma ha mantenuto i nomi originali del parentado, lasciando intendere si tratti di una cronaca fedele; ne sono certo poiché a pagina 81 appaio anche io, senza che un nome permetta l’identificazione, ma in un episodio che vi assicuro realmente accaduto. Sarei matto se volessi privare l’autrice del diritto di raccontarlo: non solo perché in sé insignificante, ma soprattutto poiché l’ha fatto proprio includendolo come tassello nel romanzo e trasfigurandone il senso.

Più strambo è il caso di Non dire niente, narrative nonfiction di Patrick Radden Keefe (Mondadori, 528 pp., 14 euro€), da cui è stata tratta una serie su Disney+. Benché l’edizione originale del libro rechi in copertina la dicitura “true story”, e benché nella trama svetti la figura di Gerry Adams a capo dell’Ira, ogni puntata della serie si conclude con una frasetta atta a specificare che “Gerry Adams ha sempre negato di avere fatto parte dell’Ira”. In questo caso, esistono due storie di Gerry Adams: una verità giuridica, espressa dal disclaimer; una verità narrativa, architrave della trama. A questa luce va analizzata la polemica che ha colpito Kamel Daoud, premio Goncourt con Houris (Gallimard, 416 pp., 23 euro€): una Saada Arbane sostiene di essere stata paziente della moglie di Daoud, psichiatra, e che la trama del romanzo riproduca la propria storia, origliata o spifferata. Può darsi anche che vinca la causa intentata all’autore, ma la letteratura non è come la legge, uguale per tutti; la letteratura tiene insieme le contraddizioni e non serve a raccontare i fatterelli, altrimenti basterebbe leggere le brevi di cronaca o guardare la tv del pomeriggio. Che ci sia arrivato per coincidenza o per inganno, Daoud ha preso una storia e le ha dato con la scrittura un senso altrimenti mancante; una storia è fatta di parole e il suo proprietario è chi le possiede.

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