Gli uomini di Assad si ritirano dai quartieri occidentali e i ribelli arrivano fino al cuore della seconda città della Siria. Due misteri: la cautela dei russi e le scelte di Erdogan, che potrebbe approfittarne
“Fratelli miei, vi diamo la buona notizia dell’inizio del nostro ingresso ad Aleppo”. L’annuncio di Abu Mohammad al Julani è ripreso con un filmato girato nella operation room comandata dal leader di Hayat Tahrir al Sham (Hts). Venerdì la resistenza degli uomini di Bashar el Assad nei quartieri occidentali della seconda città della Siria si andava dissolvendo con altrettanta facilità con cui erano saltate le altre linee difensive nelle 48 ore precedenti. Fonti delle milizie hanno raccontato che le postazioni occupate da Hezbollah e dai pasdaran erano vuote. Poi nella notte hanno cominciato a circolare sui canali Telegram delle milizie le foto che mostravano caroselli di residenti in festa per la cacciata del regime dai quartieri più centrali. Tra questo materiale è comparsa anche la foto iconica che mostra un gruppo di ribelli in posa davanti all’ingresso dell’antica Cittadella di Aleppo, il patrimonio Unesco, uno dei gioielli della Siria, distrutto da anni di guerra e devastazioni.
Solo nella mattinata di venerdì, la coalizione dei ribelli guidata dai terroristi salafiti di Hts aveva preso il controllo dei quartieri occidentali di Aleppo – Nuova Aleppo, al Furqan, Salah ad Din. A Piazza Basil, che porta il nome del fratello di Assad, morto nel 1994, la bandiera del regime che sventolava al fianco della statua equestre di Basil è stata ammainata. Anche piazza Saadallah al Jabiri, diventata il luogo delle parate militari del regime e dei russi, è finita nelle mani dei ribelli. Gli edifici pubblici sono stati evacuati e dai minareti delle moschee risuona il messaggio che invita i residenti a restare in casa.
Se a terra si spara, nel cielo di Aleppo non si vedono i jet russi. Un vuoto sorprendente, perché la tenuta del regime in questa regione si è sempre aggrappata all’efferatezza dei bombardamenti russi. Invece in queste 72 ore l’aviazione di Mosca ha compiuto solo pochi raid. I ribelli sono riusciti così a prendere il controllo delle vie di accesso di Aleppo, in particolare l’autostrada M5. Qui, 50 chilometri più a sud, la cittadina di Saraqib è stata liberata. Secondo alcuni osservatori, la battaglia di Aleppo potrebbe essere solamente un diversivo e il vero obiettivo dei ribelli sarebbe proprio qui, a Saraqib, per ricacciare le forze del regime e ristabilire la zona demilitarizzata decisa dagli accordi di Astana del 2017 e che Assad ha sempre violato. Il mistero del mancato intervento russo va di pari passo con la debolezza della resistenza iraniana.
Due giorni fa un generale delle forze speciali al Quds è stato ucciso, ma la presenza di Hezbollah e dei pasdaran a ovest della città sembra scarna. Il vuoto lasciato dai due alleati di Assad potrebbe trovare una spiegazione nell’indebolimento di Hezbollah in Libano e nell’impegno russo in Ucraina, ma a ogni modo il regime siriano sembra sia stato lasciato solo. Le fonti locali parlano di diserzioni in massa. Sottopagati, con scarsa disciplina e male equipaggiati, i militari di Assad hanno lasciato nelle mani delle milizie una quantità enorme di armi anticarro, droni e mezzi blindati. Ad Aleppo è dislocata buona parte della 30esima divisione di fanteria e della 25esima aviotrasportata e se entrambe sono in rotta è un problema per le forze militari anche nel resto del paese. Alcuni rinforzi sono in viaggio da Damasco e nelle prossime ore potrebbe essere messa alla prova la capacità dei ribelli di tenere il controllo la città.
Prima di capire se le operazioni militari nel nord-ovest, già adesso di proporzioni sorprendenti, possano avere un impatto anche nel resto del paese, occorrerà valutare alcune variabili. Tra quelle che Assad teme di più c’è n’è una che conduce a Recep Tayyip Erdogan, che potrebbe decidere di sostenere l’avanzata dei ribelli. Venerdì, il ministero degli Affari esteri turco ha diffuso un comunicato minaccioso in cui legittima l’offensiva come una naturale reazione agli attacchi degli ultimi mesi sferrati da russi e siriani contro i civili a Idlib e rivendica gli accordi del 2017 che lasciavano Aleppo ovest all’opposizione. Nel comunicato si ventila la possibilità di un intervento militare a Tal Rifaat e a Manbij contro i “terroristi” curdi che – dice Ankara – si stanno riorganizzando per approfittare dell’instabilità nella regione. Un’offensiva al confine – che Erdogan minaccia da tempo per ampliare la zona cuscinetto tra Siria e Turchia – porterebbe allo scenario peggiore per Assad, che rifiuta la presenza di militari turchi sul territorio siriano.
Nelle prossime ore le incognite della battaglia di Aleppo – la cautela dell’aviazione russa e la posizione di Erdogan – potrebbero cambiare ulteriormente le sorti della guerra civile in Siria.