Il sorriso di Orcel. Il manager rampante con il piglio delle fusioni

Dalla vendita di Antonveneta all’architettura perfetta per comprarsi Banco Bpm. Una carriera fondata sulle acquisizioni ostili e non. Inanellando risultati di successo alla ricerca del conglomerato perfetto, nonostante le gelosie della politica tedesca e italiana

Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, sale agli onori della cronaca a settembre quando annuncia l’acquisto di azioni Commerzbank messe in vendita dalla Germania, facendo salire la sua partecipazione nella banca tedesca al 9,1 per cento. Poco dopo la quota di azioni sale al 21 per cento con la sottoscrizione di derivati, a cui fa seguito l’istanza alla Bce per incrementare la partecipazione fino al 29.9 per cento. “La mossa su Commerzbank è un test di prova per l’Europa, per dimostrare che possiamo creare banche forti”, commenta Orcel, pochi giorni dopo la presentazione del rapporto sulla competitività di Mario Draghi, che fra i suoi punti pone proprio la necessità di creare grandi campioni continentali. Lunedì una nuova scalata, parallela a quella tedesca, verso Banco Bpm. L’ennesimo colpo di scena, ma guardando la sua carriera non sorprende.

Romano, classe 1963, si abitua alle questioni economiche già in casa. Il padre si occupava di leasing, mentre suo nonno è stato il primo direttore generale della Cassa per il Mezzogiorno. Studia al liceo Chateaubriand imparando il francese, per poi iscriversi a economia e commercio presso la Sapienza, da dove uscirà laureato cum laude grazie a una tesi sulle acquisizioni ostili. Segnale premonitore, dato che su queste operazioni fonderà il suo modo di fare business, guadagnandosi presto il titolo di “Cristiano Ronaldo dell’investment banking” .

Dopo gli studi, Orcel salta da una banca all’altra passando anche per società di consulenza strategica: da Goldman Sachs a Boston Consulting Group. Finché nel 1998, a 35 anni, partecipa attivamente alla fusione tra Credito Italiano e Unicredito Italiano, da cui nascerà l’Unicredit, gruppo che amministra dal 2021. Ma prima ancora lo si può trovare alla cabina di regia di altre operazioni miliardarie. Quella tra Banco Bilbao Vizcaya e Argentaria per creare la spagnola Bbva, seguita dall’opa lanciato dalla Royal Bank of Scotland verso l’olandese Abn Amro. Fino all’acquisto da parte di Monte dei Paschi di Siena dell’Antonveneta a 10 miliardi di euro, quasi 3 miliardi in più rispetto a quanto valutato inizialmente dalla controllante di allora, Banco Santander. Il suo stile devoto all’M&A lo conduce al titolo di “Banchiere dell’anno” agli Euromoney Awards 2024, con Unicredit che nei primi 9 mesi dell’anno segna un utile di 7,7 miliardi di euro, in rialzo del 16 per cento rispetto al 2023.

Prima del salto in Germania, Unicredit, Generali e Mediobanca finiscono al centro di un vortice di speculazioni attorno a una possibile fusione a marzo 2024. L’ennesimo risiko che ci porta fino al giorno d’oggi, dove voci vicine al mondo bancario giudicano le sue ultime mosse tecnicamente perfette. La scalata a Commerzbank, ad esempio, può garantire un doppio vantaggio. La sua buona riuscita consentirebbe una fusione tra la banca tedesca e Hvb, istituto di credito di Monaco di Baviera controllato da Unicredit, creando una nuovo partner per le Pmi tedesche. In alternativa, Unicredit può sfruttare l’apprezzamento della propria quota azionaria dismettendo la propria partecipazione in Commerzbank. Una scelta che garantirebbe alla milanese laute plusvalenze azionarie. L’architettura di Orcel si estende in Italia. Nel documento di offerta di lunedì si legge infatti che Unicredit lancerà un aumento di capitale a supporto dell’ops su Banco Bpm. Una richiesta a cui il mercato potrebbe rispondere positivamente, vista l’enorme fiducia che ripone nell’ad, grazie al quale la fusione con l’istituto di piazza Meda da 10,1 miliardi di euro si concretizzerebbe senza spendere un centesimo di Unicredit.

Orcel avanza determinato, nonostante le frecciate della politica. Il governo di Berlino parla di “attacco ostile di UniCredit contro Commerzbank”, mentre Bettina Orlopp, ceo della banca tedesca continua a innalzare muri contro l’istituto milanese promettendo generosi riacquisti di azioni proprie per remunerare gli investitori, nonostante i dati trimestrali in calo del 6,1 per cento rispetto al 2023. Ma Orcel preme l’acceleratore e sfodera l’arma della discrezione: “La strada sarà lunga. Se ci sono le possibilità per un’operazione andremo avanti, altrimenti saremo un investitore che ha fatto un buon investimento”. Anche in Italia il dibattito è denso di gelosie: il vicepremier Salvini reputa Unicredit una banca estera e chiama in causa Bankitalia per capire se l’offerta sia un tentativo di ostacolare il matrimonio (ancora congelato) tra Banco Bpm e Mps, mentre il titolare del Tesoro Giorgetti pensa di usare per la prima volta il golden power in territorio bancario. E la diretta interessata dall’ops boccia l’affare temendo risvolti negativi sull’occupazione. “L’offerta non è vincolante” commenta l’ad di Unicredit su Linkedin rispondendo al Cda di Banco Bpm: “Speriamo di incontrarli presto per discutere i dettagli direttamente con loro”.

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