Nella guerra in Libano fino al cessate il fuoco c’è la prima disfatta militare nella storia del Partito di Dio
I nemici di Hezbollah dentro il Libano chiamano il cessate il fuoco “la prima sconfitta del Partito di Dio” nella storia del gruppo, i numeri danno loro ragione. La retorica dell’Asse della resistenza prova a mistificare l’esito di quasi 14 mesi di guerra dicendo che la milizia sciita ha costretto l’esercito israeliano a scappare dal paese, ma la base di Hezbollah questa volta ha dei dubbi.
La versione promossa online dai blogger militari amici della Repubblica islamica recita: finché “l’entità sionista” ha potuto contare sui trucchi del Mossad, sulla tecnologia e sui caccia F-35 si è sentita molto forte, ma quando le sue truppe di terra hanno invaso il paese, nelle battaglia che si combatte con gli stivali sulla sabbia guardandosi in faccia, noi abbiamo fatto così male agli israeliani che li abbiamo costretti a rinunciare e a ritirarsi. Un pezzo della smentita di questa lettura arriva dalla base del Partito di Dio: per settimane alcuni civili libanesi, tra loro il sostenitore di Hezbollah Nassim Badani (che è uno pseudonimo) e i canali sul social network Telegram che hanno sempre promosso la propaganda del gruppo sciita, hanno chiesto perché se durante la guerra in Siria venivano pubblicati online i santini di tutti i “martiri” – i miliziani morti in combattimento –, in questa guerra con Israele Hezbollah non abbia pubblicizzato le perdite – domandando se sul campo di battaglia le cose stessero andando peggio di quanto era stato messo nel conto dal principio. Senza considerare i dati diffusi da Tsahal, sommando soltanto le prove dei decessi da fonti aperte, per esempio gli avvisi pubblici prima dei funerali, l’analista Michael Horowitz ha contato circa duemila combattenti di Hezbollah uccisi. Sono almeno il doppio delle perdite subite dal Partito di Dio durante tutta la seconda guerra del Libano nel 2006, quando la milizia libanese era armata di meno e peggio. La cifra si riferisce ai soldati semplici e non tiene conto della decapitazione dei vertici, dei giorni di settembre in cui l’aviazione israeliana guidata dall’intelligence militare aveva ucciso tutti gli uomini della catena di comando di Hezbollah fino al capo supremo Hassan Nasrallah.
Anche l’analista Omar Baddar dell’Arab American Institute di Washington ha scritto che quando le truppe israeliane hanno invaso il Libano “per ‘finire il lavoro’ di smantellamento di Hezbollah dal sud del paese, hanno incontrato una feroce resistenza e hanno fallito miseramente”. Le perdite israeliane sono state tante, settanta, ma di meno che nel conflitto del 2006 nonostante la guerra del 2024 sia stata più lunga. Il giorno in cui è stato annunciato il cessate il fuoco, le truppe dello stato ebraico avevano raggiunto il fiume Litani, che era l’obiettivo militare dichiarato nel momento in cui è stata annunciata l’invasione, e hanno accettato di ritirarsi perché nel patto con il governo di Beirut mediato dagli Stati Uniti c’era la garanzia che quel successo ottenuto sul campo sarebbe stato in qualche modo preservato. Le truppe regolari libanesi da martedì mattina si stanno spostando verso il sud, per andare a occupare le posizioni che erano del Partito di Dio. Hezbollah ha accettato di spostare i suoi uomini armati e ciò che resta del suo arsenale oltre il fiume Litani, lasciandosi alle spalle le basi tra i palazzi nei villaggi che erano la sua roccaforte. E sa che al primo movimento per riportare un po’ di equipaggiamento militare verso sud e oltre il Litani (violando i termini del cessate il fuoco), lo stato ebraico risponderà con una bomba. Nella prima fascia di villaggi e piccole città oltre la Linea blu di confine, Tsahal ha catturato così tante armi e munizioni di Hezbollah che ora pensa di creare una nuova unità del proprio esercito per non sprecarle.
Il diplomatico Dennis Ross, che negoziava accordi e coordinava le politiche per il medio oriente degli americani quando alla Casa Bianca c’era Bill Clinton, ha scritto che il cessate il fuoco in Libano riflette “il desiderio della Repubblica islamica dell’Iran di salvare Hezbollah” dal pericolo di un collasso, dalla prospettiva di diventare così debole da essere vulnerabile anche dentro i confini “ai suoi avversari interni: i cristiani, i sunniti e i drusi libanesi”.