Può darsi che come cantava De André dal letame nascano i fior, ma quel malodore figlio del vaffa originario i neo o post grillini se lo terranno per sempre
Il discioglimento dell’ex orda grillina (non propriamente orda d’oro, seppure più d’uno la povertà se la sia abolita fino al terzo mandato) nel partito trasformista autoproclamato dei “progressisti indipendenti” può senza dubbio attirare l’interesse di qualche critico studioso del grottesco, mirabile categoria d’arte ed estetica, non di più. Ma poiché a lungo toccherà convivere con il residuo della decomposizione-ricomposizione del grillismo (ricomposizione del disciolto, absit iniuria verbis, è un argomento noioso nella politica italiana), almeno a livello di comunicazione il tema “e adesso come li chiameremo?” va affrontato. E infatti più d’uno degli avvertiti nella stampa s’è già cimentato. Grillini non più, sarebbe offesa (del resto secondo Wikipedia già prima essi la ritenevano “definizione riduttiva o volutamente distorsiva”). “Stellini” è comicamente improponibile, hanno ridacchiato. Per altri “contini” sarebbe più adatto, alla faccia dei partiti personali. In attesa di lumi dalla “Nova”, e addentrandoci con le pedule nel magmatico recinto del grottesco, si dirà qui che per noi i neo riformisti-trasformisti sempre resteranno ex grillini, post grillini o financo neo grillini. Se pure infatti l’Assemblea costituente ha deciso l’abolizione del Garante (più che parricidio un transito alla differenziata, frazione organica) resta che il MoVimento di Grillo è stato concepito nel Vaffa e la matrice populista d’accatto e d’apriscatole è transitata tale e quale nel partito di Conte.
Chiara Appendino, la pacificatrice, che s’è indignata per il “brutto boato” assembleare esploso quando il voto ha ufficialmente abolito il garante è in realtà la migliore testimonianza che lo stigma delle origini resta lì. Rimpianto o rinnegato che sia (per il deputato, un tempo sarebbe stato cittadino portavoce, Dario Carotenuto: “Avremo sempre lo spettro di Beppe Grillo dietro le spalle”) non fa differenza. E’ il Dna, bellezza. E’ un po’ come per gli ex, neo o post fascisti che non riescono a staccarsi dal busto del Duce sul comodino. Ieri hanno arrestato il sindaco di Vigevano (ipotesi di corruzione, addavenì la conclusione indagini) e una deputata ex post o neo grillina – ma diremmo grillina e basta – d’osservanza contiana ha subito ululato: “Il sindaco deve dimettersi immediatamente, giunta e Consiglio comunale devono essere subito azzerati”. Esattamente come ai tempi bui di Uggetti a Lodi. Perché il substrato giustizialista e antipolitico quello è e quello rimane.
Quindi perché tanta circospezione, la si annusa in giro, nel chiamarli per quel che sono: ex, post o neo grillini? Sono i nipoti della medesima malapianta del sanculottismo più becero. Non c’è la stessa circospezione, anzi, quando si parla dei fratellini d’Italia o “meloniani”, non c’è occasione che non serva per ricordare che sono dei post fascisti o dei neo fascisti. Almeno. C’è persino un gran dibattito sul necessario spegnimento della Fiamma, dunque ci si augura che al partito di Conte chiedano, almeno gli esteti della politica, di abiurare a quelle orrende cinque stelle da compulsatori di siti per trattorie low cost. Può darsi che come cantava De André dal letame nascano i fior, ma quel malodore figlio del vaffa originario i neo o post grillini se lo terranno per sempre.