La sconfitta di Kyiv potrebbe affossare l’intero progetto di una Difesa comune europea, mettendo in crisi le ambizioni dell’Unione di rafforzare sia la coesione politica che la cooperazione economica
Questo articolo è apparso originariamente su New Atlanticist, la pubblicazione online del think tank americano Atlantic Council
La vittoria elettorale di Donald Trump ha spinto il Cremlino a raddoppiare la posta su una scommessa già rischiosa: che il desiderio del presidente eletto degli Stati Uniti di risolvere rapidamente il conflitto in Ucraina porti a un accordo che congeli la situazione sul terreno, legittimando così i guadagni territoriali di Mosca. Dopo le elezioni negli Stati Uniti le forze russe hanno intensificato le operazioni militari, con ogni probabilità con l’intenzione di giungere all’insediamento di Trump con la posizione negoziale più forte possibile. Nonostante il desiderio di pace e stabilità lungo il confine orientale e la stanchezza della sua opinione pubblica, l’Unione europea non dovrebbe accettare una soluzione che riconosca i guadagni territoriali della Russia in Ucraina. Alcuni segnali suggeriscono infatti che la guerra stia entrando nella sua fase finale. Tre fattori in particolare potrebbero rendere impossibile per Mosca sostenere l’attuale sforzo militare in un orizzonte temporale di 12-18 mesi.
Primo, l’economia russa è profondamente distorta dalle spese belliche. Gli stipendi militari sono aumentati vertiginosamente, causando distorsioni nel mercato del lavoro e un divario sempre più marcato rispetto agli stipendi civili. Se il salario medio russo si attesta poco sopra un milione di rubli l’anno, molte nuove reclute ricevono fino a due milioni di rubli per il solo arruolamento. Questa politica, pensata per aumentare il reclutamento e mantenere alto il morale, è economicamente insostenibile e sta destabilizzando il sistema economico russo, dimostrando come Putin sia in buona misura incastrato nella propria scommessa su una campagna militare rapida.
Secondo, la carenza di uomini nelle forze armate è diventata un problema sempre più grave, con circa 36.000 soldati uccisi o feriti ogni mese. Le quote di reclutamento sono difficili da soddisfare, e alcune regioni russe non riescono più a fornire i numeri richiesti. Per alleviare la situazione, Mosca ha iniziato a reclutare nelle zone occupate in Ucraina, giungendo a rivolgersi persino alla Corea del Nord per ottenere rinforzi, pur di evitare far sentire la guerra alle popolazioni di Mosca e San Pietroburgo. Il dispiegamento di truppe di Pyongyang non sembra destinato a rimanere un episodio isolato: il Cremlino punta a creare un flusso regolare di 10.000-15.000 soldati al mese per compensare il deficit di uomini e ritardare la crisi.
Terzo, le forze russe perdono veicoli corazzati pesanti a ritmi molto alti e, a condizioni invariate, le scorte cominceranno presto a scarseggiare. Ciò porterà a fare maggiore affidamento sulla fanteria, con un inevitabile ulteriore aumento delle perdite. Con la seconda amministrazione Trump, l’Europa rischia di perdere centralità nelle priorità americane, con Washington decisa a concentrare risorse e attenzione sulla Cina e sulla regione dell’Indo-Pacifico. Questo cambiamento aumenterà la pressione sugli Stati europei affinché aumentino le spese per la difesa e i contributi alla Nato, e progrediscano verso una maggiore autonomia strategica. Consentendo agli Stati Uniti di agire con più libertà in Asia, ciò richiederà all’Europa di assumersi maggiori responsabilità nella gestione delle sfide di sicurezza regionale, prima fra tutte la minaccia russa.
Un disimpegno americano, sommato ai progressi tattici russi in Ucraina, potrebbe spingere i Paesi dell’Unione europea a compiere passi significativi verso una Difesa comune europea. Ma una vittoria russa potrebbe sortire l’effetto opposto, mettendo in crisi le ambizioni del blocco europeo di rafforzare la propria coesione politica. La sconfitta dell’Ucraina potrebbe persino affossare l’intero progetto europeo, mettendo a nudo la sua incapacità di garantire sicurezza e stabilità ai propri cittadini. In questo scenario, i principali paesi europei potrebbero trincerarsi in approcci nazionali alla sicurezza, mettendo a rischio anche la cooperazione economica. Mosca è pienamente consapevole di questa dinamica e cerca di alimentarla tramite campagne ibride che comprendono la weaponizzazione dell’immigrazione, sabotaggi, attacchi informatici e operazioni di disinformazione. In effetti, l’offensiva psicologica che il Cremlino conduce contro la determinazione e la coesione dell’occidente riveste per Mosca una priorità uguale e forse superiore a quella militare contro le forze ucraine Se gli Stati Uniti dovessero ridurre il sostegno a Kyiv, l’Europa dovrà evitare la tentazione di accettare una soluzione prematura e ingiusta. Ciò che potrebbe apparire come pace, causerebbe danni irreparabili alla deterrenza dell’Occidente e offrirebbe a Putin il tempo necessario per riorganizzarsi e prepararsi a nuovi attacchi, perseguendo l’obiettivo più volte dichiarato di cancellare l’Ucraina come Stato indipendente.
La guerra sta entrando in una fase decisiva, e le scelte dell’Europa definiranno il suo futuro. Con gli Stati Uniti potenzialmente meno coinvolti e una nuova Commissione Europea in carica, le azioni dell’UE nei confronti dell’Ucraina saranno osservate con attenzione da alleati e avversari come il primo segno della sua nuova identità strategica. Esse plasmeranno la percezione dell’Europa a Washington, Mosca e Pechino, di unità o divisione, forza o debolezza, consapevolezza o miopia. Mentre la Russia si avvicina a un punto di rottura, è cruciale che l’Europa mantenga una posizione ferma. Consentire ora una vittoria russa non avrebbe solo conseguenze drammatiche per l’Ucraina, ma rischierebbe di compromettere irrimediabilmente l’intero progetto europeo.