Effetto semplificazioni: anno record per le rinnovabili in Italia

Grazie allo snellimento delle procedure introdotte dal governo Draghi nei primi dieci mesi del 2024, sono entrati in esercizio circa 6 gigawatt (GW) di nuova capacità rinnovabile, prevalentemente solare fotovoltaico (5,5 GW)

Il 2024 è stato un anno record per le fonti rinnovabili, grazie soprattutto alle semplificazioni introdotte dal governo Draghi. E ulteriori semplificazioni potrebbero arrivare oggi, col via libera definitivo al testo unico sulle rinnovabili da parte del Consiglio dei ministri.

Secondo il rapporto mensile di Terna sul sistema elettrico, nei primi dieci mesi del 2024, sono entrati in esercizio circa 6 gigawatt (GW) di nuova capacità rinnovabile, prevalentemente solare fotovoltaico (5,5 GW). Un aumento di oltre un terzo rispetto allo stesso periodo del 2023, che a sua volta aveva segnato un notevole passo avanti rispetto a prima della crisi energetica. Fu il boom dei prezzi a stimolare sia interventi normativi, sia cambiamenti di atteggiamento da parte delle amministrazioni chiamate a valutare i progetti, come dimostra il cambio di passo impresso da Massimiliano Atelli alla Commissione Via, di cui è stato presidente fino all’estate scorsa.

Gli ultimi dati aiutano a rendere giustizia di alcuni equivoci. In primo luogo, non è più vero che le amministrazioni hanno il braccino corto con le autorizzazioni. Se il trend continuerà potremo raggiungere i target 2030, sebbene al momento con un contributo sottotono dell’eolico rispetto al fotovoltaico. Inoltre, salta il facile schematismo politico che voleva la destra nemica delle rinnovabili e la sinistra favorevole. Non che il governo Meloni abbia particolari meriti, ma certo non si può dire che abbia messo i bastoni tra le ruote: anzi, col nuovo testo unico gli iter potrebbero ulteriormente accorciarsi. Tuttavia, l’esecutivo ha fatto il don Abbondio sul principale strumento di sburocratizzazione, cioè il decreto che stabilisce i criteri per le aree idonee e inidonee alle rinnovabili. Invece di prendere le mosse dal perimetro transitoriamente fissato ex lege nel 2021, il ministero dell’Ambiente ha lasciato mano libera alle regioni.

La Sardegna ha immediatamente tracciato la strada dandone una interpretazione iper-restrittiva, che esclude praticamente tutto il territorio regionale, come spiega Jacopo Giliberto sul Foglio di oggi; altri, come la Puglia, sono stati più equilibrati. Nel frattempo, il Consiglio di stato ha sospeso parti del decreto. La decisione di merito dei giudici amministrativi potrebbe compromettere le leggi regionali già approvate, specie se molto limitanti (come quella sarda).

A questo punto, comincia a stagliarsi una situazione in cui il principale nemico delle rinnovabili, soprattutto nel Mezzogiorno, non saranno le autorizzazioni, ma le altre rinnovabili. Poiché esse producono quando è disponibile la risorsa primaria (il sole o il vento), in alcuni momenti possono immettere in rete più energia di quella che serve, spingendo i prezzi verso valori molti bassi o addirittura negativi. In tal caso gli operatori non riescono a remunerare gli elevati costi fissi. Tale problema, conclamato in paesi come la Spagna e la Germania, caratterizzati da elevatissima penetrazione delle rinnovabili, comincia a suscitare preoccupazioni, che non sempre vengono allo scoperto forse per timore di ammettere che in alcune zone del paese le rinnovabili sono troppe (non troppo poche) e per motivi economici ed elettrici (non paesaggistici).

Per uscirne servono importanti sviluppi infrastrutturali e nella capacità di accumulo (anch’essa in forte crescita secondo Terna). Rischiano invece di rivelarsi controproducenti le misure di sostegno finanziario, come i cosiddetti contratti alle differenze che garantiscono una remunerazione indipendente dai valori di mercato. Proprio per questo, nelle bozze del decreto Fer-x, che dovrebbe impostare i nuovi incentivi, si sta cercando di inserire dei correttivi, come il blocco degli incentivi quando i prezzi di mercato sono nulli o negativi o i “premi” per chi installa i nuovi impianti in zone ancora non congestionate (per esempio il nord). È un bene che i colli di bottiglia autorizzativi siano stati rimossi a livello nazionale e occorre impedire che spuntino dalla finestra delle regioni. Ma è ugualmente importante lasciare che siano in ultima analisi le forze del mercato, nel rispetto dei target emissivi, a guidarne lo sviluppo, non politiche di supporto che rispondono alle distorsioni con altre distorsioni e che rischiano di far ammassare le rinnovabili dove non servono.

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