Dalla cybersecurity alle fonti rinnovabili: cosa c’è nel Cdm di oggi

Poco prima dell’inizio del consiglio dei ministri è saltato il decreto sulla Giustizia a causa delle assenze dei forzisti. Sullo sfondo le richieste della premier Meloni agli alleati: “No bandierine in manovra”

“Misure urgenti in materia di giustizia” e “disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Erano questi i principali temi sul tavolo del Consiglio dei ministri, all’indomani del vertice che si è tenuto ieri tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. L’incontro non si è tenuto a Palazzo Chigi, ma a casa della presidente del Consiglio. A meno di un’ora dall’inizio del Cdm è però saltato il decreto sulla Giustizia. Secondo fonti di Palazzo Chigi, la richiesta di rinvio alla prossima riunione sarebbe stata avanzata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani a causa dell’assenza dei ministri forzisti per via di altri impegni. Dopo le tensioni tra magistratura e governo delle ultime settimane, in particolare sul caso dei centri albanesi per il rimpatrio dei migranti, nel Cdm, secondo alcune anticipazioni, si sarebbe dovuto discutere anche di eventuali azioni disciplinari per i giudici che commentano scelte politiche o leggi sulle stesse materie per le quali sono chiamati a esprimersi in sede giuridica.

Andava discusso anche il nuovo dl sul coordinamento delle indagini sulla cyber security. Secondo il documento, questo compito dovrebbe spettare al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nei confronti dei procuratori distrettuali per il coordinamento delle attività di indagine attraverso l’impiego della polizia giudiziaria, in particolare per quanto riguarda l’accesso abusivo a un qualsiasi sistema informatico che riguardi l’interesse pubblico (militare o sanitario che sia). Con il dl è stato introdotto anche l’arresto obbligatorio in flagranza e allo stesso modo sarà punito chi esegue questo tipo di ordine da un proprio superiore se è consapevole dell’illecito.

Nelle due ore e mezzo di confronto domenicale tra i leader, con la partita di Coppa Davis sullo sfondo, i nodi principali erano molti. Quello più rilevante riguardava senz’altro, però, la legge di Bilancio, da qui la presenza anche di Giorgetti. Meloni ha chiesto ai leader di Forza Italia e della Lega di smetterla con gli annunci, quindi “niente bandierine”. Nella nota finale di Palazzo Chigi si legge che è stato dato “mandato al ministro Giorgetti di valutare, alla luce delle coperture necessarie, la praticabilità di alcune proposte di modifica condivise da tutte le forze politiche della maggioranza in particolare relative alle forze dell’ordine, alle politiche sociali e ai settori produttivi”. Per rinnovare i contratti delle forze di polizia e della Difesa dovrebbero essere stanziati tra i 100 e i 150 milioni di euro. Per le famiglie con Isee fino a 35 mila euro, l’intenzione del governo è quella di dare 500 euro per ciascun figlio under 14 per il rimborso di alcune spese, come corsi di lingua e sport. Per le imprese invece si sta valutando l’idea di modificare l’imposta sui redditi delle società (Ires) riducendo l’aliquota dal 24 per cento al 19 se l’impresa mantiene il 70 per cento degli utili in azienda e ne usa il 30 per cento per investire in tecnologia e produttività.

Nel complesso i leader della maggioranza si sono detti d’accordo sul dare vita a una legge di Bilancio “seria e con la dovuta attenzione ai conti pubblici che devono ancora affrontare i gravissimi danni causati dal Superbonus, che nel 2025 graverà sulle casse dello stato più dell’intera manovra”, si legge sempre nella nota. Ma non sono mancate alcune divergenze. Tra cui quella sul canone Rai: la Lega è per prorogare l’abbassamento del canone da 90 a 70 euro – “fa parte del programma di governo ed è stato approvato da tutti l’anno scorso” commenta Salvini – mentre Forza Italia, che dopo le elezioni europee e le ultime regionali può rivendicare di essere la seconda forza del governo, non sarebbe d’accordo, anche se dopo il vertice si registra una timida apertura. La priorità per Tajani resta il taglio dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) per il ceto medio, ma il problema principale è sempre il reperimento delle risorse necessarie a finanziarlo: per ridurre l’aliquota di riferimento del secondo scaglione, dal 35 per cento al 33, servono 2,5 miliardi di euro. Invece il Carroccio vorrebbe un innalzamento della flat tax con una soglia di reddito che passi da 30 mila a 50 mila euro di reddito da lavoro dipendente o da pensione.

Oltre alla manovra, un altro tema importante dell’incontro ha riguardato la divisione delle deleghe del ministro Raffaele Fitto, ormai pronto a lasciare l’Italia direzione Bruxelles la settimana prossima con l’incarico di vicepresidente esecutivo della Commissione e commissario europeo: la premier ha intenzione di tenere le competenze a Palazzo Chigi, assegnando a un sottosegretario, Alfredo Mantovano o Giovanbattista Fazzolari, le deleghe sul Pnrr, Coesione, Affari Ue e Sud almeno fino all’approvazione della manovra.

Altro fronte interno alla maggioranza, poi, è la posizione dell’esecutivo sul mandato d’arresto della Corte penale internazionale ai danni del premier israeliano Benjamin Netanyahu (e del suo ex ministro della Difesa Gallant). Salvini aveva detto di essere pronto ad accoglierli in Italia con un “benvenuto”. Ma al segretario della Lega ha risposto duramente Tajani quest’oggi: “Salvini parla di Netanyahu? E io potrei parlare di trasporti ma la linea la dà il ministro degli Esteri e la presidente del Consiglio”.

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