La sconfitta dei malpensanti. Altro che invidie e rancori: Matteo e Jannik, la coppia perfetta

Qualcuno pensava che i due potessero essere rivali. E invece a Malago hanno dimostrato un’alchimia non comune. Quella staffetta tra i due partita da Torino

I presupposti per una rivalità non solo agonistica c’erano tutti. C’è un episodio emblematico: le Finals del 2020. Matteo Berrettini qualificato a Torino, Jannik Sinner riserva. Il romano durante il primo match si procura uno dei tanti infortuni della sua carriera, e certamente uno dei peggiori, saluta il torneo e il circuito per un po’. Al suo posto entra Sinner che dopo il suo esordio vincente scrive a favore di telecamera: “Matteo, sei un idolo”. I malpensanti esperti di dietrologia e di Abele e Caino avrebbero potuto scrivere un libro su questa vicenda, ma sarebbero stati nel torto. Il 2020 era l’anno di Wimbledon e Wembley, quell’estate londinese azzurrissima, Berrettini alias The Hammer, allora 24 anni, aveva portato l’Italia in finale dentro la Cattedrale, noi che pensavamo di far parte di un’altra religione tutt’altro che erbivora. Mamma Claudia trangugiava di nascosto Fiori di Bach e il tennis del nuovo millennio un momento così bello non lo aveva mai vissuto. In realtà il meglio doveva ancora venire. Matteo era stato invitato al pranzo di gala del tennis, ma alla fine è stato Jannik ad assaggiare il dessert. Il romano è arrivato prima, Sinner è arrivato più lontano. Senza volerlo, ha sostituito le sue imprese a quelle del suo compagno. La top 10 della classifica mondiale, la semifinale in uno Slam, la finale in uno Slam: è stato l’attuale numero 35 del mondo l’apripista. Poi però è arrivato Sinner. Con uno abbiamo vissuto un’ottima degustazione, l’altro ci ha portato nella grande abbuffata.

Insomma, visti i precedenti, i record cancellati nel giro di qualche mese, la memoria cortissima dello sport, un po’ di invidia sarebbe stato il minimo che ci si potesse aspettare dal ventottenne, l’uomo che ci ha portato quasi lassù salvo poi fermarsi, cedere il passo e retrocedere di fronte a un ragazzo più giovane, più forte e più fortunato, nel senso di meno infortunato.

In un mondo di egocentrici per necessità, di ragazzi viziati che vivono perennemente da avversari e mai da compagni di squadra, come si fa a guardare i successi di un altro che cancellano i tuoi senza farsi venire il sangue amaro? Come si fa ad accettare senza una parola di rancore di scendere sempre più in basso mentre di fronte a te c’è chi non può salire più in alto di così? Invece eccolo Matteo, al secondo turno di Wimbledon, dare una carezza a Jannik, l’uomo che gli ha inflitto un altro ko questa volta dentro il campo e dirgli: “Adesso vai e vinci il torneo”. Eccolo Matteo a New York, nei giorni della tempesta Clostebol, prendere pubblicamente la parola in favore del numero uno al mondo sostenendo che Sinner non possa essere nient’altro che innocente.

Dopo gli Us Open si avvicina la fine della stagione, il periodo dell’anno in cui si cerca di raccattare il maggior numero possibile di punti per cominciare la nuova stagione in buona posizione. Berrettini avrebbe la possibilità di avvicinarsi in top 30 con qualche turno in Asia, ma contro ogni individualismo dice: “Se Volandri mi chiama, ci sono”. E cosa fai, non lo chiami un Berrettini dal fisico e dal sorriso ritrovato? Il rosso e il nero, dritto che pesa un macigno e rovescio che ti lascia immobile, the Hammer and the Fox. A livello estetico sarebbe una rivalità perfetta, e invece abbiamo scoperto di avere due perfetti compagni di doppio.

Alla vigilia di Malaga c’era qualche motivo per cui essere preoccupati. La scelta da parte di Berrettini di assumere Umberto Ferrara, il preparatore licenziato da Sinner dopo il caso Clostebol è apparsa discutibile a tutti, ai malpensanti addirittura un segno di sfida. Ma ancora una volta i malpensanti avevano torto. In quel caso è stato Sinner a spegnere le polemiche: “Umberto può fare molto bene con Matteo”. Non era una frase di circostanza. In campo e in doppio non puoi fingere una complicità che non esiste. Certo la maglia, la professione, la possibilità di difendere la Coppa e di vincerla per il secondo anno consecutivo. Matteo cercava il riscatto, per Jannik questa settimana è una ulteriore dimostrazione, casomai ce ne fosse ancora bisogno, che quando c’è da vincere per la squadra lui c’è, in singolare e in doppio. In questi giorni spagnoli, il primo che si alzava in piedi a sostenere Jannik, nei momenti di gioia o di tensione, è stato Matteo. E viceversa. Sempre.

Il 2024 del tennis si chiude com’è cominciato, con una vittoria di Jannik Sinner. La buona notizia per il 2025 è che Matteo Berrettini è sempre lì. E che non è per niente male essere il numero due quando il numero uno è Jannik Sinner.

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