I più meritevoli, secondo Elon Musk

I criteri di selezione del dipartimento tagliaburocrazia, chi manda il curriculum e il braccio politico al Congresso guidato dalla deputata più Maga che ci sia. Come si forma la nuova classe dirigente d’America

Milton Friedman sarebbe stato il dipendente perfetto del Doge, ha scritto su X Vivek Ramaswamy, “vero”, ha risposto Elon Musk, sotto al video allegato, in cui l’economista premio Nobel rispondeva alle domande di un giornalista che gli elencava i ministeri del governo americano e gli chiedeva: lo teniamo o lo aboliamo? Milton salvava i ministeri della Difesa, della Giustizia, degli Esteri e del Tesoro (anche mezzo ministero della Salute, ma con la prospettiva di abolirlo), tutti gli altri “gone”, inutili. Questo video compare spesso – assieme a un altro in cui Javier Milei, presidente argentino, stacca da una lavagna gli adesivi dei ministeri che considera non necessari – nelle risposte all’annuncio con cui il Doge, il dipartimento per l’Efficienza dello stato americano, ha indicato i suoi criteri di assunzione.

Il Department of Government Efficiency è l’agenzia esterna al governo che Donald Trump ha creato perché Ramaswamy e Musk taglino i costi superflui dell’amministrazione pubblica: non è un ministero, anche se lo sembra, e lo stesso Donald Trump, annunciando la sua creazione, ha detto che riformerà la burocrazia statale “lavorando da fuori” rispetto al governo – il fatto che Musk e Ramaswamy siano consiglieri e non impiegati federali li solleva dal rispettare una serie di regole, ma allo stesso tempo rende il Doge meno efficace, perché assomiglia a una commissione esterna che dà consigli che possono essere bellamente ignorati. Per questo la prima “assunzione”, se così si può chiamare, legata al Doge è tanto rilevante: il responsabile della commissione Vigilanza del Congresso ha detto di voler creare una sottocommissione, di cui non si sa ancora il nome, che deve lavorare con il Doge “per eliminare gli sperperi dello stato”. Chi guiderà questo braccio politico del Doge? Marjorie Taylor Greene, deputata della Georgia, trumpiana della prima ora, Maga prima ancora che questo movimento prendesse il controllo del Partito repubblicano, pronta a tutto per difendere il trumpismo, in prima linea in tutte le campagne antiucraine, antivaccini, antieuropei, e rapida nell’entrare nei panni della presidente di una sottocommissione che nemmeno esiste: “Il nostro lavoro smaschererà tutte le persone che devono essere licenziate”.

Intanto il Doge però deve fare le sue assunzioni: i criteri sono stati pubblicati su X e i curricula vanno inviati per messaggio diretto in risposta a quel post, ma siccome all’inizio i messaggi non erano aperti a tutti (si è poi capito perché: per mandare il tuo cv devi avere la spunta blu su X, che ti dà appunto la possibilità di accedere ai messaggi diretti e che costa 84 dollari l’anno), molti hanno dato disponibilità e dettagli professionali rispondendo su X, una manna di informazioni e dati di cui sicuramente Musk farà buon uso. Chi cerca il Doge? “Abbiamo bisogno di quozienti intellettivi superalti, rivoluzionari votati a snellire lo stato, desiderosi di lavorare 80+ ore a settimana per la mansione poco affascinante di tagliare i costi”. Musk e Ramaswamy sceglieranno personalmente i loro dipendenti tra quelli che rientrano nell’un per cento dei migliori candidati. In sostanza, per lavorare al Doge bisogna essere dei crumiri molto intelligenti ma pure molto ricchi, perché, da quel che sembra, si deve lavorare circa undici ore per sette giorni a settimana senza essere retribuiti (come si possa essere molto intelligenti e al contempo accettare un lavoro non pagato non viene spiegato). Quindi Donald Trump seleziona i suoi ministri sulla base della loro fedeltà e Musk&Ramaswamy sulla base del censo: questi sono i criteri per scovare i meritevoli.

Nei messaggi arrivati su X qualcuno dice che correrebbe a lavorare al Doge ma uno stipendio sarebbe utile, mentre molti altri considerano l’efficienza una vocazione, non aspettavano altro che questa chiamata, sono pronti. Il magazine New York ha contattato alcuni di quelli che hanno mostrato interesse all’offerta di lavoro: Valentina Gomez, 25 anni, che nel suo post fissato su X dice che “Dio mi ha resa la donna più prolifica su temi politici” e indossa una felpa con la bandiera americana e la scritta “Don’t be weak and gay”, ha risposto di avere milioni di dollari in proprietà e quindi di non essere preoccupata per i ritmi di lavoro e la retribuzione, e anzi invita il Doge a “non avere pietà”. Un altro di 29 anni dice che ha messo via dei soldi e che è disposto ad abolire il ministero dell’Istruzione anche pagando lui, se necessario, mentre una ragazza che deve pagare il mutuo dice che le 80 ore non la spaventano, ma qualche soldo deve pur guadagnarlo.

Intanto Musk e Ramaswamy forniscono ogni giorno dettagli sui loro obiettivi. Tra questi ce n’è uno interessante: vogliono obbligare tutti i dipendenti pubblici a tornare a lavorare in presenza. Siccome sanno che molti non vogliono farlo e che anzi la possibilità di lavorare da remoto ha creato flessibilità irrinunciabili, “ci sarà un’ondata di dimissioni volontarie che noi accogliamo con piacere”, hanno scritto sul Wall Street Journal. L’obiettivo è svuotare l’amministrazione pubblica dei dipendenti attuali e riempirla di nuovi “rivoluzionari” che sposano quest’idea di merito fondata sulla fedeltà e sullo stipendio facoltativo – così in effetti tagliare i costi è più semplice.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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