“Meloni mainstream, noi no. Ecco perché voteremo contro Ursula. Troppe le figure politiche di scarsa qualità (eccetto Fitto e Varhelyi). Forza Italia decida cosa vuole fare da grande”. Parla il presidente degli eurodeputati del Carroccio
Bruxelles. “Giorgia Meloni in Europa va con il ‘mainstream’, noi invece non voteremo Ursula von der Leyen. La Lega non farà da stampella a nessuno”. A prendere le distanze dal nuovo esecutivo europeo è Paolo Borchia, capodelegazione della Lega al Parlamento europeo, che in un’intervista al Foglio conferma il voto contrario della delegazione del Carroccio all’eurofiducia prevista mercoledì prossimo a Strasburgo. Questa scelta crea una frattura nel posizionamento europeo della maggioranza a Roma, ma secondo Borchia “non pone alcun problema al governo”: “A Palazzo Chigi ci sono sensibilità diverse per quanto riguarda von der Leyen, ne prendiamo atto. Non siamo noi a creare difficoltà”, spiega Borchia, che poi lancia una frecciata ai colleghi di governo: “Certo, quando si entra nel mainstream, bisogna anche vedere quali risultati si ottengono, sia politicamente sia in termini di reazione del proprio elettorato”. Gelidi, invece, i rapporti con Antonio Tajani e il suo partito. “Forza Italia deve decidere cosa vuole fare da grande, considerando che i distinguo rispetto all’attività del governo da parte loro sono ormai quotidiani”.
Le preoccupazioni della Lega sulla nuova Commissione sono molteplici: dalla “scarsa qualità politica delle figure scelte come commissari, fatta eccezione per Raffaele Fitto e Oliver Varhelyi”, alla continuità con le politiche ambientaliste del passato, “soprattutto sul tema della transizione energetica, dove la commissaria spagnola Teresa Ribera è persino peggiore dello stesso Frans Timmermans”, spiega Borchia. Il processo di audizione dei candidati inoltre “è stata una farsa bella e buona, un teatrino per mascherare un accordo di palazzo”. Il leghista era infatti coordinatore di gruppo nelle commissioni che hanno guidato le audizioni della vicepresidente della Commissione, la spagnola Teresa Ribera, e promette di “scrivere alla presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, per denunciare ripetute violazioni delle regole parlamentari”.
Qualcosa di buono però c’è, l’arrivo di Raffaele Fitto a Bruxelles è infatti una buona notizia, ma non sufficiente a modificare il giudizio complessivo della Lega sulla Commissione. “Abbiamo fatto tutto il possibile per sostenere Fitto a Bruxelles, dandogli un grande aiuto. Sarà un buon commissario e un ottimo vicepresidente, ma è uno su 26: l’asse politico resta sbilanciato.” La Commissione che sarà votata mercoledì prossimo, secondo Borchia, “è sostenuta da una maggioranza molto, molto fragile”, segnale che il gioco delle maggioranze variabili dovrebbe presto riemergere a Bruxelles, mettendo a rischio l’accordo appena siglato tra popolari, socialisti e liberali. “Se vedremo segnali di cambiamento rispetto al passato, daremo il nostro contributo, ma è necessario un atteggiamento diverso da parte della sedicente maggioranza”, continua il leghista.
Intanto, lo spettro della cosiddetta “maggioranza Venezuela” – l’alleanza tra Ppe, Ecr, Patrioti e AfD – continua a far discutere Bruxelles e Borchia non sembra intenzionato ad abbandonare questa possibilità. “Esiste una maggioranza di centrodestra in questo Parlamento. Lo abbiamo già visto nei voti sul Venezuela e sulla deforestazione. Ora spetta a Ecr e Ppe decidere cosa vogliono fare, ma finora i segnali non sono incoraggianti.”
Per quanto riguarda il gruppo dei Patrioti per l’Europa – che oltre alla Lega include Marine Le Pen e Viktor Orbán – “le altre delegazioni devono ancora fare le opportune valutazioni sul voto a von der Leyen”, sottolinea Borchia. Alcune delegazioni, come quella del premier ungherese, potrebbero considerare la fiducia all’esecutivo europeo, data la presenza di un loro commissario. Tuttavia, all’interno del gruppo dei sovranisti serpeggia “un forte malumore nei confronti di von der Leyen,” che potrebbe tradursi in un “no” compatto da parte di tutto il gruppo anche per rimarcare la distanza da chi invece sceglie di schierarsi con la nuova Commissione.