La sinistra, che lo ha votato, deve spiegare decenni di giustizialismo sul nulla
Appena ieri si è diffusa l’ufficialità dell’elezione di Raffaele Fitto alla vicepresidenza europea, i social si sono riempiti del solito refrain “hanno votato un condannato”. Poco importa che fosse una fake news, perché ormai in una vasta parte dell’opinione pubblica alimentata a gogna e populismo, quello è il messaggio che è passato. Raffaele Fitto è stato per anni un perseguitato dal potere giudiziario a uso politico. Le inchieste dei giudici pugliesi ne hanno condizionato la carriera politica in un momento in cui, giovanissimo, era il golden boy democristiano della rivoluzione berlusconiana. L’intifada giudiziaria si fece verbo mentre i giudici che lo perseguitavano passavano dai palazzi della giustizia a quelli della politica attraverso i corridoi costruiti dalla ditta dalemiana. Nel 2006 la procura di Bari lo indagò per corruzione, tre anni dopo chiese il rinvio a giudizio, quattro anni dopo la condanna in primo grado a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici.
Fitto sparisce dai radar della politica, reietto anche per il centrodestra. Due anni dopo la Corte di appello annulla la sentenza di primo grado perché il fatto non sussiste, e nel 2017 la Cassazione conferma l’assoluzione. Le scelte amministrative che portarono Fitto da governatore della Puglia alla sbarra nel frattempo sono state riconfermate dai suoi successori Vendola prima ed Emiliano poi, ma da loro la magistratura barese ha girato alla larga. Mentre ci sono voluti 17 anni a Fitto per liberarsi dalla tenaglia giudiziaria. E solo la sua indole democristiana, fatta di moderatismo e competenza, ma anche di grande fede nella manzoniana provvida sventura, gli ha consentito di tenere duro, in silenzio, risorgendo dalle ceneri che i giustizialisti avevano già sparso. A quella parte della sinistra che ieri lo ha votato grazie alla moral suasion di Mattarella, oggi tocca spiegare che tutte le volte che hanno cavalcato le inchieste giudiziarie per eliminare un avversario politico hanno sbagliato. Questa è la lezione che l’elezione di Fitto dà a tutto il circo mediatico-giudiziario, meloniani compresi.