Matt Gaetz si autoelimina dalla corsa a ministro della Giustizia di Trump

L’ex deputato ritira la sua candidatura. Il regolamento di conti tra i trumpiani e la questione sessuale, tra festini e pentimenti

Sono soltanto “un’inutile distrazione” per Donald Trump e la transizione verso il suo insediamento, ha scritto Matt Gaetz su X, la battaglia a Washington è troppo importante, così ritiro il mio nome come possibile titolare del ministero della Giustizia. Gaetz era stato scelto una settimana fa dal presidente eletto sull’aereo che lo portava da Washington – dove aveva incontrato Joe Biden alla Casa Bianca – a Palm Beach: Maggie Haberman ha raccontato sul New York Times che alla partenza la scelta non era stata ancora fatta e all’arrivo sì, dopo due ore di discussioni tra i suoi consiglieri, divisi su altri due nomi (il procuratore generale del Missouri Andrew Bailey, e l’avvocato Robert Giuffra). Ma già un paio di giorni fa, Trump aveva ammesso che le possibilità di una conferma al Senato erano invero basse, pure se molti trumpiani, a partire dal vicepresidente J. D. Vance che mercoledì è andato al Senato a braccetto di Gaetz per iniziare la conta dei fedeli e degli infedeli, dicevano: insistiamo. I senatori erano in subbuglio, i deputati pure, il report della commissione Etica del Congresso che contiene molti dettagli sull’accusa di aver organizzato festini a base di sesso e droga dal 2017 al 2020 non è stato reso pubblico, ma indiscrezioni, hackeraggi, sospetti e una rivolta di parte del mondo conservatore hanno reso la candidatura intenibile.

Oggi un documento arrivato ai media, sembra dallo stesso ministero della Giustizia che Gaetz avrebbe dovuto guidare, ha rivelato che avrebbe pagato due donne almeno 10 mila dollari per fare sesso alle feste con parecchi amici e che ci sarebbe almeno un’altra donna che allora era minorenne. Con tutta probabilità non sono state queste rivelazioni a costringere Gaetz al passo indietro, basta leggere il Wall Street Journal e il New York Post, giornali di Rupert Murdoch molto decisi nel denunciare l’inadeguatezza del candidato, per capire che è in corso un regolamento di conti all’interno del variopinto mondo trumpiano, che poco ha a che fare con le persone prescelte e molto con chi le sponsorizza e chi no. In questo specifico caso, ha pesato pure il fatto che alcuni esponenti della più potente organizzazione conservatrice per la selezione dei giudici, la Federalist Society, abbiano definito la nomina di Gaetz “nauseante”.


Mentre finanziatori, influencer, consiglieri e guru di Trump si spartiscono attenzioni e potere, è soprattutto il sesso, a pagamento e no, rapace e no, messo a tacere e no, a definire questa prima fase di selezione della classe dirigente trumpiana. Oggi Vance è tornato a fare la conta al Senato, questa volta con Pete Hegseth, nominato per guidare il Pentagono, che è stato accusato di molestie sessuali nel 2017 e che ha in seguito comprato il silenzio della sua accusatrice. Sui giornali è arrivato il verbale della polizia sull’aggressione in un albergo californiano, mentre qualche giorno fa un’amica di questa donna ha fatto avere al Washington Post un resoconto dettagliato di quella notte e di quel che è avvenuto dopo. Poi c’è Vince McMahon, ricco marito di Linda, appena nominata al ministero dell’Istruzione (che Elon Musk vorrebbe abolire), che secondo il board della Wwe, una specie di federazione del wrestling che ha guidato per molti anni alternandosi con la moglie, ha negli anni pagato 12 milioni di dollari per comprarsi il silenzio di quattro donne.

Di più su questi argomenti:

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

Leave a comment

Your email address will not be published.