Popolo, populisti e pm, l’uragano fermato dal “Salva Milano”

Sala, e la sua amministrazione hanno tenuto il punto sulla questione decisiva: nelle procedure di questi anni non ci sono state violazioni di legge. E si è mostrato invece disponibile sul tema di fondo: è ora di rivedere, in modo condiviso, l’impianto generale dell’edilizia milanese

Un sospiro di sollievo tutto intero è forse troppo, non c’è più abituato, ma una mezza boccata d’aria meno avvelenata Beppe Sala la può tirare, ora che il complicato (e osteggiato) decreto Salva Milano è stato approvato in commissione Ambiente e Attività produttive alla Camera (deadline in Senato entro fine anno). Un sospiro e anche un po’ di soddisfazione, quella di chi ha avuto ragione nello scegliere la strada giusta: quella di affidarsi – sostenuto dal Pd e dai centristi soprattutto – alla necessità che fosse il Parlamento, la politica, e non la magistratura a tagliare un nodo di Gordio particolarmente ingarbugliato: quello della interpretazione “autentica” delle norme milanesi (lombarde, e persino nazionali) sull’edilizia.

Sala, e la sua amministrazione, hanno tenuto il punto sulla questione decisiva: nelle procedure di questi anni non ci sono state violazioni di legge. E si è mostrato invece disponibile sul tema di fondo: è ora di rivedere, in modo condiviso, l’impianto generale dell’edilizia milanese. Non c’è assicurazione che il Salva Milano arrivi a destinazione senza intoppi, e non venga poi contrastato o impugnato nelle sedi di competenza, siamo pur sempre in Italia e il rito ambrosiano della magistratura lo hanno inventato qui. Ma un aspetto è cruciale e va sottolineato: se il Salva Milano ci sarà a uscire non diciamo sconfitto, ma di certo disarticolato, sarà un coacervo molto minaccioso (non solo per Milano) che si stava compattando come il fronte di un uragano. A fare da primo strato ai cumulonembi il brontolio inferocito di settori sociali colpiti (o anche solo istintivamente contrari) alla trasformazione urbana avvenuta negli ultimi 15 anni; poi un mondo di comitati, intellettuali e di stampa populista di sinistra che ha supportato e fatto massa critica agli esposti e alle denunce che hanno aperto la strada a un nuovo modus operandi della procura: che in questo anno ha provato a disegnare i contorni di una nuova fattispecie di reato sommatorio edilizio (la dazione ambientale è nata qui, no?) dai contorni assai incerti ma letali. Su tutto ha poi provato a lungo a inserirsi anche la competizione politica della destra contro la principale giunta di sinistra italiana. La tempesta sarebbe stata perfetta. Ora il fatto che i partiti di maggioranza abbiano votato a favore di una norma che, se non risolverà tutto, disinnescherà i rischi peggiori per la città, riconsegnando il dibattito alla politica, lascia sperare che una schiarita possa arrivare.

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  • Maurizio Crippa
  • “Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini”

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