La complessità ridotta a scontro fra “Sud globale” (chela maggior parte degli osservatori di relazioni internazionali non sa cosa sia) e occidente, rilanciato ossessivamente dalla propaganda russo-cinese
Il Sud globale non esiste. O meglio: è un’invenzione giornalistica, una semplificazione dei geopolitici da social network, rilanciata ossessivamente dalla propaganda russo-cinese perché non c’è niente di più importante per Mosca e Pechino, sulla scena internazionale, del trovare un’identità dai confini confusi, dalla definizione fumosa, qualcosa da difendere dagli altri, i cattivi, gli occidentali succubi del modello americano. Eppure alla fine del G20 di Rio molti media internazionali hanno più volte rilanciato l’idea che questo “Global south” sia alla ricerca di una stabilità che a quanto pare può offrirgli solo la Repubblica popolare cinese, con Xi Jinping al centro di tutte le foto e – come scriveva ieri il New York Times – lo spettro della nuova Amministrazione americana guidata da Trump, che farà certamente avvicinare ancora di più questo Sud globale alla Cina.
Due considerazioni: secondo la maggior parte degli osservatori di relazioni internazionali, in realtà questo “Sud globale” non si capisce bene cosa sia. L’origine dell’espressione viene fatta risalire allo scrittore attivista di sinistra americano Carl Oglesby, che la usò per la prima volta nel 1969, tornata poi negli anni Ottanta dopo il rapporto Brandt sul confine immaginario che divideva i paesi ricchi (al nord) e quelli poveri (al sud). Per molti studiosi l’espressione è pericolosa, perché sottolinea una divisione in due blocchi del mondo che non ha riscontro in nessun equilibrio internazionale: a differenza della Guerra fredda, i paesi oggi non scelgono, ma il più delle volte navigano nella competizione tra America e Cina.
E qui si arriva al secondo punto: se davvero la definizione di Sud globale riguarda la propria posizione rispetto alla competizione tra America e Cina, allora lo siamo anche noi europei, per esempio, che facciamo affari con la Cina ma – a volte – mettiamo dei paletti sulle questioni di sicurezza nazionale, e parliamo con Xi Jinping, con Biden e con Trump.
Se c’è un blocco che si è formato in opposizione a quello occidentale e democratico è quello composto da quattro paesi: Russia, Cina, Iran e Corea del nord. Il resto sono invenzioni.