I primi Storm Shadow in territorio russo. Il nudge di Londra su Europa e America

Per la prima volta l’Ucraina ha sparato i missili forniti dal Regno Unito contro obiettivi in territorio russo. Domenica era arrivato il via libera americano, e martedì sono stati sparati per la prima volta i missili Atacms in territorio russo. Londra ripete dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, pur avendo cambiato nel frattempo quattro premier: non dobbiamo farci intimidire dalla Russia

Per la prima volta l’Ucraina ha sparato i missili Storm Shadow, forniti dal Regno Unito, contro obiettivi in territorio russo, hanno detto alcune fonti al Financial Times e a Bloomberg, poi riprese da tutti i media. Un blogger russo ha pubblicato su Telegram le immagini di frammenti di uno di questi missili di fabbricazione britannico-francese (i francesi li chiamano Scalp), dicendo che sono stati ritrovati vicino al villaggio di Marino, nella regione di Kursk. Da mesi il governo di Kyiv chiede agli alleati occidentali di poter utilizzare le loro armi a lungo raggio – lo Storm Shadow ha una gittata di 250 chilometri – in territorio russo, in modo da poter colpire le basi logistiche e militari dell’esercito di Vladimir Putin da cui partono i continui attacchi contro gli ucraini. Domenica era arrivato il via libera americano, e martedì sono stati sparati per la prima volta i missili Atacms in territorio russo. Si aspettava quello britannico, anche se molte fonti dicevano che non ci sarebbe stato un annuncio ufficiale, bastavano le parole di Keir Starmer.

Martedì mattina, dal G20 in corso in Brasile, il premier britannico aveva detto: “Dobbiamo assicurarci che l’Ucraina abbia ciò di cui ha bisogno per il tempo necessario a vincere questa guerra”. Dopo che Washington aveva dato il suo consenso e molti si chiedevano se anche gli europei avrebbero tolto le restrizioni all’utilizzo delle loro armi, il presidente Volodymyr Zelensky aveva detto: “Certe cose non vengono annunciate”, e aveva aggiunto: “I missili parleranno da soli”. Ora molti esperti dicono che anche le armi fornite dalla Francia verranno usate per colpire obiettivi in territorio russo: la settimana scorsa, in visita a Parigi, Starmer aveva discusso con il presidente francese, Emmanuel Macron, di questa questione. I due leader non avevano rilasciato dichiarazioni ufficiali e anzi il premier britannico aveva ribadito che non era stata presa alcuna decisione, ma molte fonti dicevano che non erano Starmer e Macron a doversi convincere della necessità di togliere queste restrizioni, i due stavano facendo pressione già da tempo sull’Amministrazione Biden.

Il ministro della Difesa britannico, John Healey, ha detto ieri alla Camera dei Comuni di aver discusso al telefono con il suo omologo a Kyiv, Rustem Umerov, dell’“escalation della Russia negli attacchi contro le città ucraine, l’escalation degli attacchi alle infrastrutture elettriche ucraine e l’escalation con lo schieramento di 10 mila truppe nordcoreane in posizioni di combattimento sulla linea del fronte” dalla parte russa. L’insistenza di Healey nel ritmare il suo intervento – in cui ha delineato anche l’impegno britannico per sostenere l’Ucraina nel 2025 – con il termine “escalation” è stata anche una risposta a Mosca e ai pro russi che, da sempre, accusano gli occidentali di voler intensificare gli attacchi contro la Russia quando è la Russia a farlo, dandosi così il pretesto per evocare la minaccia nucleare e annunciare qualche modifica alla dottrina nucleare russa. L’intelligence americana ha ricevuto informazioni su un prossimo attacco russo di grandi proporzioni su Kyiv e da ieri parecchie ambasciate occidentali nella capitale sono state chiuse.

Londra ripete dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, pur avendo cambiato nel frattempo quattro premier: non dobbiamo farci intimidire. Starmer, in partenza per Rio de Janeiro, aveva detto che la comunità internazionale deve “double down”, raddoppiare il suo sostegno a Kyiv e aveva indicato come la ragione principale fosse l’arrivo delle truppe nordcoreane a combattere assieme ai russi (in tutti questi mille giorni di guerra i paesi della Nato hanno escluso di inviare uomini a sostegno dell’esercito ucraino per evitare un coinvolgimento diretto dell’Alleanza nel conflitto che, secondo molti, sarebbe stata una provocazione: è finita che a farsi aiutare dalle truppe alleate è stato Putin). Starmer ha anche detto: “Non possiamo permettere che Putin vinca, sarebbe una cosa estremamente pericolosa per la sicurezza dell’Europa”. Il Regno Unito non è mai stato tanto vicino al continente come dopo il 24 febbraio del 2022, e anzi ha trainato la difesa europea dall’aggressione russa sostenendo l’Ucraina fin da quando le truppe russe si ammassavano ai confini e facendo pressioni sull’Amministrazione Biden per far cadere i tabù autoimposti dagli alleati di Kyiv, come l’invio dei carri armati e degli F-16. Fino a luglio, il governo di Londra era conservatore, ora è laburista, ma se c’è una cosa su cui i due principali partiti britannici non s’accapigliano è proprio la difesa dell’Ucraina e in generale la difesa dei valori liberali occidentali. Ora con Starmer è in corso un riavvicinamento con l’Unione europea, ma anche quando al potere c’erano i Tory della Brexit, non sono mai mancate la condivisione di informazioni e strategia e la spinta a restare uniti contro l’aggressione russa. La difesa comune ha fatto per Starmer da base di partenza per il dialogo tra Londra e Parigi e, in misura minore, con Berlino. E’ incerto, come tutto, che cosa accadrà con l’arrivo di Donald Trump, che ha come alleato inglese un partito antiucraino, quello di Nigel Farage.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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