Tutti i settori scendono in piazza per protestare contro la legge di Bilancio del governo Meloni. Il personale sanitario chiede il rinnovo dei contratti e maggiore sicurezza. Intanto questo fine settimana si fermano ancora i treni
Medici, dirigenti sanitari, infermieri e altre professioni sanitarie oggi scendono in piazza contro la manovra. Lo sciopero nazionale, iniziato a mezzanotte di oggi, durerà 24 ore e potrebbe mettere a rischio 1,2 milioni di prestazioni sanitarie inclusi 50 mila esami radiografici, 15 mila interventi chirurgici programmati e 100 mila visite specialistiche, anche se le urgenze saranno comunque garantite, così come le attività di pronto soccorso e di emergenza come il servizio di ambulanza. I principali motivi della protesta, sottolineano i sindacati Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e gli infermieri e altre professioni sanitarie del Nursing Up, riguardano la richiesta di un’immediata assunzione di nuovo personale, il rinnovo dei contratti, la contrattualizzazione degli specializzandi e norme che tutelino la sicurezza del personale sanitario. Allo sciopero non partecipano ospedali, ambulatori, i medici di famiglia e cliniche private: quest’ultime avevano già manifestato contro il mancato rinnovo del loro contratto il 23 settembre scorso.
Nella manovra il governo ha stanziato 3,7 miliardi di euro sulla Sanità, ma “non sono una cifra sufficiente a colmare i gap esistenti rispetto all’Europa” e per questo “bisogna capire bene come verranno spese”, ha detto il segretario di Anaao Assomed Pierino Di Silverio. Tra le questioni più urgenti c’è quella degli stipendi, tra i più bassi d’Europa. Secondo le stime dell’Ocse, un infermiere in Italia guadagna circa 39 mila euro all’anno contro i 59 mila di un suo collega tedesco. Su questo la legge di Bilancio ha previsto un piano di aumenti delle indennità di specificità (circa 17 euro per i medici e 14 per i dirigenti nel 2025), giudicato insufficiente dai sanitari. “I cittadini sono arrabbiati perché la nostra sanità non assicura pienamente il diritto alle cure, i sanitari lo sono ancor di più perché sottopagati, denunciati e le aggressioni di tutti i giorni testimoniano che esiste una vera emergenza sociale che il governo è tenuto a prendere in seria considerazione”, scrivono i sindacati nella lettera inviata alla premier Giorgia Meloni. Anaao Assomed e Cimo-Fesmed chiedono un incontro con la presidente del Consiglio “al fine di poterle illustrare in modo più completo le nostre posizioni e le nostre proposte, con l’unica finalità di migliorare un Servizio Sanitario Nazionale che, nonostante tutto, il mondo ancora ci invidia”.
Il personale sanitario non è l’unico settore a protestare contro la manovra e le scelte del governo di Giorgia Meloni. Venerdì scorso c’è stato uno sciopero di docenti e studenti. L’8 novembre è stata la volta del trasporto pubblico locale, con una serie di scioperi in diverse città senza fasce di garanzia. Il 15 hanno scioperato i metalmeccanici e il 17 i lavoratori della Pubblica amministrazione.
Ancora, questo fine settimana, toccherà ai trasporti. A partire dalle 21 di sabato 23, ci sarà lo sciopero nazionale del personale di Ferrovie dello Stato, Trenitalia, Tper e Trenord, le società del trasporto pubblico locale dell’Emilia Romagna e della Lombardia. I treni potranno subire ritardi e cancellazioni fino alle 20:59 di domenica 24. Trattandosi di una giornata festiva, non ci saranno le fasce orarie di garanzia per i treni regionali. Le sigle sindacali che hanno indetto lo sciopero, tra cui l’Unione sindacale di base (Usb), chiedono il rinnovo del contratto collettivo nazionale, scaduto da tempo, e rivendicano condizioni contrattuali migliori, oltre a una maggiore tutela per la salute e la sicurezza dei propri dipendenti.
Il mese si concluderà con lo sciopero generale del 29 novembre indetto dalla Cgil e dalla Uil contro la manovra. Pochi giorni fa la Commissione di garanzia ha escluso il personale del ministero della Giustizia, quello sanitario e del trasporto passeggeri sollecitando i segretari Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri a “valutare con senso di responsabilità” quanto deciso per “non pregiudicare ulteriormente i diritti costituzionalmente garantiti degli utenti, già interessati nel medesimo periodo da astensioni collettive precedentemente proclamate”. L’autorità ha indicato la violazione della regola della “rarefazione oggettiva”, il rispetto di un intervallo minimo di dieci giorni tra gli scioperi precedentemente proclamati nello stesso settore.
I sindacati sono venuti incontro alle richieste del garante solo per quanto riguarda il personale del trasporto ferroviario passeggeri, del trasporto merci su rotaia e del personale di Trenitalia direzione business regionale Piemonte e Valle d’Aosta. Gli altri settori parteciperanno normalmente allo sciopero per evitare “che la dimensione dello sciopero generale venga eccessivamente ridotta, con conseguenti effetti negativi, sulla missione delle organizzazioni proclamanti di rappresentanza degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori”. Neanche il Giubileo fermerà le manifestazioni: la Cgil si è rifiutata di firmare il protocollo d’intesa sugli scioperi per il Giubileo, unico sindacato confederale insieme alle sigle più estremiste come Cobas e Usb.