La Malacarne

La recensione del libro di Beatrice Salvioni edito da Einaudi, 488 pp., 19,50 euro

Talvolta, gli epiteti riassumono a parole l’essenza di quello che siamo o di quello che gli altri decretano che siamo. Ed è così che la nostra natura si ritrova, con o senza il nostro consenso, a fare i conti con il proprio riflesso: reale, immaginato, sognato, o imposto. E’ quello che accade in “La Malacarne“, il nuovo romanzo di Beatrice Salvioni, dove l’autrice prosegue la storia de “La Malnata” (Einaudi, 2023). Il titolo dei libri è il fil rouge della storia: un appellativo che descrive le due protagoniste come se fosse il marchio del disprezzo della società verso chi, come loro, non rispetta le regole e i canoni del senso comune. Salvioni riporta i lettori dove li aveva lasciati nel suo libro d’esordio, nella Brianza degli anni Quaranta, quando il fascismo prende il potere e arriva la guerra. A guardare il mondo cambiare e a crescere, suo malgrado, è Francesca, che cerca di adattarsi a una nuova vita senza Maddalena, la Malnata, che è stata rinchiusa in manicomio. La follia è la colpa che le viene imputata, quando in realtà il suo peccato è la sua natura: essere indocile. Maddalena è ostinata, inquieta, “una creatura che si è stufata di starsene al proprio posto”. In altre parole: indesiderata alla sana società civile. Nei quattro anni di assenza, diventa una voce nella mente di Francesca, che misura le sue azioni con quelle dell’amica e deve scontare anche lei la sua condanna: essere la Malacarne. Scappata di casa di notte sentendosi tradita dal padre quando scopre che non aveva inviato nessuna sua lettera alla sua amica in manicomio, Francesca trova rifugio da Noè, personaggio diametralmente opposto alla narrazione maschile dell’epoca. Inizia a lavorare con lui, ad andare in bicicletta, cerca di ritrovare l’amica e quando la reclusione di Maddalena finisce, le ragazze si scontrano con la realtà: essere diverse e diventare donne in una società fascista e patriarcale, ma anche partigiana e resistente. Salvioni racconta pagine di un passato che hanno un’eco potente ancora oggi: una storia di guerra, di amicizia profonda e di crescita di due donne che chiedono riscatto da quello che la società esige e soprattutto dal peso delle parole, quando, esauste nel combatterle, lasciano che le definiscano: “Non c’è cura se si nasce Malnati, non c’è rimedio”. Con una forza luminosa, il libro dà voce alla Resistenza, alla liberazione di sé e, indissolubilmente, dell’altro. Per ricordare e ricordarci chi siamo, oltre ogni destino scritto, o da riscrivere.

Beatrice Salvioni

La Malacarne


Einaudi, 488 pp., 19,50 euro

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