L’intervento del sindaco di Milano, senza volerlo, elenca tutte le ragioni per cui dovremmo dire sì al nucleare per avere energia pulita e alle migliori condizioni. L’analisi
L’intervento di Giuseppe Sala “perché dico no al nucleare” sul Corriere della Sera, senza volerlo, elenca tutte le ragioni per cui dovremmo invece dire di sì al nucleare. Partiamo dalla fine. Scrive Sala: “L’analisi tecnica non può sostituire la politica, ma dalla politica non può essere ignorata”. Siamo perfettamente d’accordo. E infatti l’analisi tecnica l’abbiamo fatta da tempo.
Sala cita la prevista elettrificazione dei consumi e scrive che questa evoluzione ridurrà il fabbisogno di energia primaria. Giusto. Ma bisognerebbe ricordare che la domanda elettrica italiana crescerà sino a oltre il doppio di oggi. E siccome la maggiore elettrificazione è figlia degli obiettivi di riduzione delle emissioni, i 650 miliardi di kWh previsti andranno generati da fonti cosiddette low-carbon, cioè quelle della tassonomia verde europea: rinnovabili e nucleare. E poiché in Italia la produzione idroelettrica e geotermo-elettrica difficilmente potrà aumentare in modo significativo, non ci resta che decidere in modo informato e consapevole quale mix tra nucleare, fotovoltaico ed eolico potrà soddisfare la domanda, istante per istante, alle migliori condizioni.
Riguardo ai costi, punto chiave sollevato da Sala, scegliere le tecnologie in base al costo di generazione di un singolo kWh fa perdere di vista il quadro di insieme, che determina il prezzo finale in bolletta. Un esempio. Se volessimo soddisfare ora per ora la domanda elettrica in Lombardia d’inverno soltanto con rinnovabili, dovremmo considerare che in Lombardia la risorsa vento è praticamente assente e un impianto solare, per quanto grande, dalle 16 alle 10 del giorno dopo produce zero. Perciò, durante le ore di luce, una grandissima quantità di pannelli dovrebbero generare una quota significativa non solo dell’energia che serve in quelle ore, ma anche di quella necessaria a caricare tutte le batterie indispensabili per soddisfare la domanda lombarda per 18 ore, dalle 16 alle 10 del giorno dopo. Se poi ci fosse brutto tempo per qualche giorno di seguito, la situazione si complicherebbe molto. Il rimedio sarebbe aumentare la quantità sia di pannelli che di batterie, con il risultato che d’estate quei pannelli genererebbero tanta energia in eccesso, inutilizzabile ma da pagare ai produttori. Se poi l’energia rinnovabile si generasse al sud, ai costi di sovrapproduzione e accumuli dovremmo aggiungere quelli di decine di gigawatt di reti di trasmissione da sud a nord. Insomma, i costi vanno considerati tutti, non solo quelli di generazione di un singolo kWh e nemmeno solo il prezzo dell’energia che si forma in borsa. Cittadini e imprese lo sanno bene, perché lo leggono sulle bollette: la componente energia (il prezzo in borsa che cita Sala) vale circa un terzo del prezzo finale. Una parte significativa si deve già oggi ai costi accessori, destinati a crescere esponenzialmente in scenari con sole rinnovabili.
Generare una quota di energia elettrica con nucleare riduce drasticamente le superfici occupate da impianti e reti e produce meno emissioni; ma soprattutto riduce le bollette, perché il nucleare lavora in continuità e perciò non servono accumuli e si può costruire dove serve (vicino alla domanda) e perciò non servono nuove linee di trasmissione. Col risultato che il costo complessivo dell’energia sarebbe nettamente inferiore rispetto all’alternativa con sole rinnovabili.
Sala scrive che avremmo il nucleare tra 10 anni: è vero, ma le centrali produrrebbero per almeno 60 anni, durante i quali gli impianti rinnovabili e le batterie presenti nel mix dovrebbero essere rinnovati più volte. E facendo riferimento ai costi di investimento indicati dall’Agenzia internazionale dell’energia per tutti gli impianti di generazione e di accumulo, in Italia uno scenario con sole rinnovabili richiederebbe, in 60 anni, 800 miliardi di investimenti in più (13 miliardi all’anno), rispetto a uno scenario con nucleare e rinnovabili.
Tutto questo è spiegato in dettaglio sul sito di Azione. Ed è per queste evidenze che abbiamo deciso di avviare una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che porti a reinserire al più presto il nucleare nel mix energetico italiano.
Giuseppe Zollino – responsabile Energia e ambiente di Azione