“Chiamare l’autodifesa con un altro nome rischia di isolare lo stato ebraico”, è la risposta ufficiale dell’ambasciata israeliana presso la Santa sede. Edith Bruck: “Non approvo le sue parole. Si occupi un po’ di più di antisemitismo”
“Siamo rimasti sconvolti dal fatto che il Papa si sia coinvolto in questo modo nel conflitto… Ci sentiamo di essere traditi da lui“. La posizione espressa alla Stampa da Sacha Roytman, ceo dell’associazione Combat antisemitism movement, è piuttosto rappresentativa del tipo di reazioni che hanno generato nelle comunità ebraiche le parole utilizzate da Papa Francesco nell’ultimo libro in uscita per il Giubileo. Il Pontefice nel saggio dice che “a detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Una presa di posizione molto forte che è sembrata seguire la linea del Vaticano, che sin dal 7 ottobre ha sposato una posizione di equidistanza tra le parti, frutto anche di un rapporto tormentato con lo stato d’Israele.
“Il suo commento non è appropriato. Non è il suo posto, non è il suo ruolo e non è giusto”, prosegue Roytman nel colloquio con La Stampa. “Se vuoi rendere il mondo migliore, dovresti davvero iniziare ad attaccare i responsabili: Iran, Hamas, Hezbollah, l’Autorità nazionale palestinese, che sta diffondendo terrore da anni e promuovendo guerre genocide e messaggi di odio ai loro figli. Nelle nostre scuole non si insegna l’odio per il popolo palestinese. E’ un grande attacco a Israele che sta rispondendo alla narrazione antiebraica palestinese, diffusa in tutto il mondo, e sentiamo che in questo caso si è oltrepassato il limite e andati verso una falsa narrazione“.
“Il 7 ottobre 2023 c’è stato un massacro genocida di cittadini israeliani e da allora Israele ha esercitato il proprio diritto di autodifesa contro i tentativi provenienti da sette diversi fronti di uccidere i suoi cittadini. Qualsiasi tentativo di chiamare questa autodifesa con qualsiasi altro nome significa isolare lo stato ebraico”, è stata la reazione ufficiale dell’Ambasciata d’Israele presso la Santa sede. Ma il rammarico e lo sconforto per le parole utilizzare dal Pontefice filtra anche nel mondo della cultura. “Non approvo le parole del Papa. Il genocidio è un’altra cosa“, ha detto al Corriere Edith Bruck, scrittrice ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento, che Papa Francesco è andata a visitare personalmente tre anni fa. “Il Papa non sente il peso della frase che pronuncia. E per questo la pronuncia con troppa facilità”, dice Bruck. Poi l’ulteriore stoccata nei confronti del Pontefice: “Deve occuparsi un po’ di più di antisemitismo“.