In una fase di crisi vocazionale per il centravanti, ecco che a salvare Luciano Spalletti (e forse l’intero movimento calcistico italiano) ci pensano questi due ragazzi dalla storia così diversa ma dalle caratteristiche complementari
Moise Kean e Mateo Retegui, gemelli diversi. Cosa hanno in comune l’attaccante della Fiorentina e quello dell’Atalanta, oltre al fatto di essere rispettivamente il secondo (con 8 reti) e il primo (con 11) marcatore del campionato di Serie A? Una cosa di sicuro, vale a dire quella di poter offrire nuovamente alla Nazionale italiana un centravanti. Non è poco visto che la terra dei vari Spillo Altobelli, Gianluca Vialli, Christian Vieri e Filippo Inzaghi (solo per citarne alcuni) non sembrava più in grado di partorire uomini d’area. E questo anche per colpa del calcio posizionale di matrice guardiolesca.
Sì perché in questo modello al numero 9 viene chiesto prevalentemente di venire incontro e giocare per la squadra. Tutto corretto, ma il risultato è stato quello di creare giocatori “a muro” (dai loro la palla e te la restituiscono), a discapito proprio del centrattacco vecchio stampo, l’uomo capace di decidere le sorti delle partite dentro gli ultimi sedici metri di campo. E invece, proprio in una fase di crisi vocazionale per il ruolo, ecco che a salvare Luciano Spalletti (e forse l’intero movimento calcistico italiano) ci pensano questi due ragazzi dalla storia così diversa ma dalle caratteristiche complementari. Chi ci avrebbe scommesso a inizio campionato? Probabilmente nessuno, dato il percorso che avevano alle spalle.
Kean, a ventiquattro anni sembrava già avere cucita addosso l’etichetta di eterna promessa destinata a non sbocciare mai. Cresciuto nel settore giovanile del Torino prima e in quello della Juventus poi, Kean in bianconero non ha mai sfondato, perso fra i rivoli di tanti prestiti da parte di un club che, in fondo, non ha mai creduto nel ragazzo nato a Vercelli da genitori originari della Costa d’Avorio, che lo hanno chiamato Moise in onore di Mosè. E così, con alle spalle una stagione da zero gol segnati, Kean sbarca sulle rive dell’Arno. Qui, con la maglia della Fiorentina, Moise rinasce come un novello Batistuta. E lo fa a suon di gol e di buone prestazioni, sciorinate all’interno di un ambiente che lo coccola e di una squadra che Raffaele Palladino costruisce su misura per lui, con tanto contropiede volto ad esaltarne le qualità.
Più a nord, a Bergamo, ecco che intanto si fa largo anche Retegui. Soprannominato el Chapita perché figlio di Carlos José (detto el Chapo), grande campione di hockey su prato, Mateo Retegui da ragazzino era una promessa anche con la mazza in mano. Degli anni trascorsi giocando a hockey a Retegui è rimasta l’attitudine difensiva e la grinta nell’affrontare i duelli individuali. Come quella di Kean, anche la carriera di Retegui è passata da vari prestiti. Uscito dalle giovanili del Boca Jr. infatti il ragazzo di San Fernando (provincia di Buenos Aires) è dovuto passare dall’Estudiantes de La Plata e dal Talleres prima di imporsi al Tigre e venir acquistato dal Genoa.
Nel marzo 2023, prima ancora di arrivare in Italia, Retegui riceve la sua prima convocazione in azzurro. A toglierlo dall’anonimato è una mossa geniale dell’allora ct Roberto Mancini, alle prese con la penuria di centravanti. Forte di testa, fisicamente strutturato, Retegui ha tutte le caratteristiche del centravanti classico, del predatore d’area. Un profilo ideale per completarsi con quello di un Kean più veloce in campo aperto e più fantasioso, come dimostra anche il suo modo di esultare, con quello strano balletto (il Griddy) mutuato dalle star del football. La domanda a questo punto sorge spontanea: i due possono giocare insieme? A questo quesito Spalletti ha risposto positivamente durante la conferenza stampa alla vigilia della partita di Nations League contro il Belgio: “Kean ha fatto anche la punta esterna ed è uno più di corsa, di gamba, da scorribande. Crea pericoli anche con la sua forza e fisicità, è uno che fa reparto da solo. Mentre Retegui è più da area di rigore, da tirare in porta con le spalle girate. Vede la porta, è bravo a vedere al contrario dentro l’area di rigore… Retegui prima punta e Kean ad andargli sotto, a prendersi palla addosso, può tenerla lì anche due minuti”. In realtà contro i belgi Spalletti ha scelto di alternarli, col fiorentino subentrato al bergamasco nel corso del secondo tempo.
In un periodo storico in cui imperano 4-3-3 e 4-2-3-1 e dove le due punte vengono utilizzate soltanto da formazioni che adottano il 3-5-2, il ritorno alla soluzione con due attaccanti centrali deve essere accolto come un salutare ritorno al passato. Un tempo la stessa nazionale era conosciuta per le sue coppie gol. Da Boninsegna e Riva, Schillaci e Roberto Baggio, Totti e Toni fino a Kean e Retegui in fondo il passo è breve.