L’equilibrio tra i poteri. Chi scrive le norme in Italia?

Si assottigliano i confini tra legislativo ed esecutivo: oggi il governo sopravanza di molto il Parlamento nell’iniziativa e nell’approvazione delle leggi. Garanzie e correttivi possibili. Un’indagine partendo dai dati

Un importante cambiamento è in corso nel sistema politico-costituzionale. Il potere legislativo si è in larga misura spostato dal Parlamento al governo, che ha assunto un ruolo fondamentale sia nell’iniziativa delle leggi, sia con l’emanazione di un grande numero di decreti leggi e di decreti legislativi.

Le cifre della legislatura in corso

Ormai il governo sopravanza di gran lunga il Parlamento nell’iniziativa e nella approvazione delle leggi. La dimostrazione è contenuta nel documento della Camera dei deputati intitolato “La produzione normativa: cifre e caratteristiche”, del 13 settembre 24. Nei due anni del governo Meloni, sono state approvate 144 leggi (di queste una costituzionale), di cui 62 leggi di conversione di decreti legge. I decreti legge sono stati 70 e i decreti legislativi 73. Quindi, il governo è stato l’iniziatore di ben 143 norme primarie (decreti legge e decreti legislativi) e il Parlamento di 82 (144 meno 62). Questo vuol dire che circa due terzi dell’attività normativa primaria è il frutto dell’azione governativa.



A questo va aggiunto che 46 delle 82 leggi approvate erano, a loro volta, di iniziativa governativa. Che, per l’approvazione delle 143 leggi ordinarie, il governo ha fatto ricorso in almeno un ramo del Parlamento alla posizione della questione di fiducia. Che, se non si valutano gli atti normativi ma le parole, sommando il numero di parole delle leggi di conversione dei decreti legge e delle leggi di iniziativa governativa si giunge a quasi il 96 per cento della legislazione di provenienza governativa.



Il ruolo del diritto europeo

Questo quadro, che induce a molto pessimismo sulla permanenza della separazione dei poteri, va attenuato se si considera che più della metà dei decreti legislativi è di approvazione di norme di diritto europeo. Quindi, il governo apre la porta di ingresso per la penetrazione del diritto europeo in quello nazionale e agisce come intermediario dell’Unione, provvedendo ad assicurare l’esecuzione di decisioni prese a Bruxelles.

Il peso dei decreti legge

Un secondo aspetto che attenua la diagnosi pessimistica sullo spostamento del potere legislativo sul governo è il seguente: se è vero che i decreti legge contano sempre di più, bisogna però anche considerare quanto essi pesano e in quale misura il loro peso deriva dall’intervento del Parlamento. Infatti, le dimensioni dei decreti legge sono quasi sempre raddoppiate nel passaggio parlamentare e a questo raddoppio contribuiscono anche le opposizioni, considerato che il 15 per cento degli emendamenti deriva da proposte dell’opposizione. Quindi, non solo i decreti legge raddoppiano le dimensioni durante il passaggio parlamentare, ma nel corso di tale passaggio si arricchiscono anche di norme che provengono non dalla maggioranza parlamentare, né dal governo, ma dalle opposizioni. Questo vuol dire che anche nell’iter privilegiato del decreto legge – privilegiato perché entra immediatamente in vigore e perché la conversione deve avvenire in due mesi – anche in questo iter privilegiato per il governo, c’è uno spazio per l’opposizione, e viene quindi salvaguardata la funzione fondamentale del Parlamento, come luogo di incontro, conflitto, composizione maggioranza-opposizione.

Il Parlamento non è uscito di scena

Non c’è dubbio che in larga misura il Parlamento sia esso stesso la causa di questo spostamento della funzione legislativa sul governo. Si consideri che il tempo medio per l’esame di norme di iniziativa parlamentare è di 228 giorni, mentre il tempo medio di esame delle proposte di iniziativa governativa è di 150 giorni.


In secondo luogo, anche le procedure che iniziano con una norma adottata dal governo, come i decreti legge, o con una delega conferita al governo dal Parlamento, passano attraverso il Parlamento, che deve convertire i decreti legge (e lo fa arricchendoli di nuove norme, tanto da raddoppiarne le dimensioni, come appena osservato) o deve dare una delega al governo per l’attuazione dei princìpi e criteri direttivi determinati nella delega stessa. Si comprende quindi che i parlamentari approfittino del “treno veloce” del decreto legge, appesantendolo. In terzo luogo, va considerato che il governo opera pur sempre come comitato direttivo della maggioranza parlamentare, secondo la formula del costituzionalismo francese, ripresa in Italia da Leopoldo Elia.

I Parlamenti legislatori

Nonostante che alle assemblee elettive sia riservata, anche se non in via esclusiva, la funzione legislativa, i parlamenti non sono stati mai grandi legislatori. Una dimostrazione, per gli anni recenti, di questa conclusione si trova nel volume prodotto dall’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, intitolato “La legislazione tra Stato, regioni e Unione europea. Rapporto 2022-2023”, nel quale sono stati raccolti i dati sulla legislazione parlamentare di paesi come la Germania, la Spagna, la Francia e il Regno Unito. Da questo rapporto risulta che nel 2022 la Germania ha approvato 107 leggi, la Spagna 74, la Francia 62 e il Regno Unito 48 e che circa due terzi delle leggi di questi Paesi è stata di iniziativa governativa e circa un terzo di iniziativa parlamentare. Dunque, in Italia si produce un numero di leggi per anno tra un terzo e due terzi superiore a quello di altri paesi europei.

Dobbiamo preoccuparci?

Numerosi osservatori hanno notato che questa trasformazione del sistema politico costituzionale, per cui il governo diventa legislatore, non ha attirato sufficienti critiche, mentre si fa tanto chiasso sul premierato. Quest’ultimo è un fatto ancora eventuale e futuro, mentre lo svuotamento legislativo del Parlamento è una condizione già di fatto realizzata. Più che preoccuparci di uno spostamento dei poteri dal legislativo al governo, che da quanto finora osservato risulta ridimensionato, bisognerebbe preoccuparsi di altri aspetti.

Il primo riguarda i regolamenti parlamentari: se la procedura che passa attraverso il Parlamento è una remora perché troppo lenta, ci sarebbe da chiedersi perché non vengano modificati i regolamenti parlamentari per rendere più solleciti esame e approvazione delle leggi. In altre parole, la sorte della scelta sta nelle mani dello stesso Parlamento, che potrebbe intervenire non, come oggi, in seconda battuta, cioè dopo che il governo ha approvato un decreto legge, ma in prima battuta, passando attraverso la procedura normale di approvazione delle leggi.

Il secondo aspetto importante è quello che riguarda la scrittura delle leggi. Considerato che il 96 per cento delle parole degli atti normativi proviene da Palazzo Chigi, perché non vengono lì radunate dieci persone, di cui almeno tre accademici della Crusca, che traducano in buon italiano i testi incomprensibili che provengono dalla penna della politica? Non sarebbe questo un beneficio per gli stessi governanti, oltre che un enorme beneficio per il paese, che così apprezzerebbe molto di più i propri reggitori?

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