Un centro segreto a Parchin per sviluppare le testate e un incontro segreto con l’imprenditore
Il bombardamento israeliano contro le infrastrutture militari iraniane della fine di ottobre ha colpito anche un centro di ricerca per fabbricare le armi atomiche, lo hanno detto tre funzionari americani e due israeliani alla testata Axios. In teoria la Repubblica islamica non ha un programma sulle testate nucleari dal 2003, da quando ha dismesso quello che si chiamava Amad e Ali Khamenei ha emesso una fatwa contro le armi di distruzione di massa. L’Iran arricchisce uranio al 60 per cento, una soglia pericolosa perché molto vicina al combustibile che servirebbe per la Bomba, ma non lavora a costruire l’arma. Questa è la posizione ufficiale delle autorità iraniane e fino al 2023 lo è stata anche dell’intelligence americana, che nei suoi report al Congresso inseriva sempre un paragrafo per dire: “L’Iran non sta intraprendendo le attività che servono a fare un test nucleare”.
Ma nell’ultimo report questo passaggio non compare. Forse perché gli Stati Uniti avevano notato le attività nell’edificio di Parchin, vicino alla capitale Teheran, che tre settimane fa è stato distrutto dai missili di Tsahal. A giugno, la Casa Bianca aveva avvertito privatamente gli iraniani dicendo di avere dei sospetti sulla natura di alcune attività di ricerca scientifica della Repubblica islamica. Secondo un ufficiale israeliano in pensione, nel centro di Parchin c’erano le attrezzature che servono a fabbricare l’esplosivo al plastico da mettere attorno all’uranio in una testata atomica per poi poter procedere alla detonazione. E quel centro non compare nell’elenco noto delle strutture dove il governo iraniano lavora al suo programma atomico. Le fonti americane di Axios dicono che soltanto un gruppo molto ristretto di persone a Teheran (che comprende solo una piccola parte degli esponenti del governo) conosce il piano segreto, e il centro segreto, dove si fanno ricerche potenzialmente utili a sviluppare una testata nucleare.
Era dalla guerra d’invasione lanciata da Saddam Hussein nel 1980 che Teheran non subiva un attacco paragonabile a quello con i jet israeliani del 26 ottobre, e da quel momento i pasdaran, il governo e la Guida suprema valutano nuove strategie di difesa da intraprendere. Un’ipotesi che è comparsa più volte sui quotidiani più conservatori è accelerare il programma atomico e armarlo. Un’altra, che sarebbe la preferita del presidente Masoud Pezeshkian e dei politici che gli sono o gli sono stati più vicini, compreso l’ex ministro degli Esteri Javad Zarif, è tentare un patto con l’occidente e con l’arcinemico Donald Trump, che permetterebbe alla Repubblica islamica quantomeno di prendere tempo e di provare a sfilarsi da un’escalation con Israele che non si può permettere. Giovedì sera il New York Times ha rivelato un incontro tra Elon Musk, che farà parte della prossima Amministrazione Trump, e l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite Amir Saeid Iravani. La riunione è durata più di un’ora e si è tenuta in una località segreta scelta dall’iraniano. I funzionari di Teheran che hanno dato la notizia al giornale americano hanno definito l’incontro “una buona notizia”. Nei giorni precedenti Massad Boulos, il consigliere e parente di Donald Trump di origini libanesi, aveva detto che il futuro presidente americano sta preparando “un nuovo patto sul nucleare con l’Iran che sarà accettabile per gli iraniani, i paesi della regione e gli Stati Uniti”. Per il momento conosciamo soltanto le generiche ambizioni di Trump di fare “la pace usando la forza” e i timori di Teheran che non sa più esercitare deterrenza e ha la sua milizia meglio armata, Hezbollah, che doveva funzionare come assicurazione sulla vita contro gli attacchi israeliani in territorio iraniano ma da settembre è in ginocchio.