Che cosa c’è nella mente di Sinner e dei campioni

Il dottor Riccardo Ceccarelli, fondatore di Formula Medicine, racconta come si fa a diventare un vincente: “Jannik mi ricorda Senna per come cura i dettagli e per la persona speciale che è”

Un viaggio nella testa di un campione deve essere un’esperienza imperdibile. Se poi tra quei campioni c’è l’uomo del momento, Jannik Sinner, l’italiano più amato, il viaggio si fa ancora più interessante. “Sono impegnato a conoscere il mio cervello. Mi interessa capire il 100 per cento di come funziona, soprattutto nelle difficoltà, quando sono stanco o nervoso”, aveva detto qualche tempo fa, ancora prima di diventare numero uno del tennis mondiale. Il cervello si può allenare come i muscoli, come il servizio, il dritto, il rovescio. Jannik ha cominciato a lavorare sulla testa fin dai tempi in cui era legato a Riccardo Piatti che un giorno telefonò al dottor Riccardo Ceccarelli, il fondatore di Formula Medicine per dirgli: ho qui un ragazzo interessante che può diventare numero 1 al mondo.

Era il 2020 e da quel giorno il dottor Formula 1 che ha lavorato con un’ottantina di piloti da Ivan Capelli ad Ayrton Senna, con tanti sciatori, con gli arbitri, addirittura con un astronauta, ha cominciato a collaborare con Jannik e non ha smesso neppure quando è cambiato tutto il team dopo il divorzio con Piatti. Quel metodo, chiamato Mental economy training, è ora raccontato dal dottor Ceccarelli in un libro intitolato “Nella mente del campione”. Nella prefazione lo racconta lo stesso Sinner: “Mi è piaciuto fin dall’inizio perché è un metodo di allenamento mentale oggettivo, dove posso specchiarmi nelle mie performance e nell’utilizzo delle mie energie mentali. Posso allenarmi in varie condizioni, quando sono al top, quando sono stanco, quando sono nervoso, e capire come cambia il mio rendimento”. Ceccarelli allena i suoi atleti a conservare l’energia per l’ultimo giro, l’ultima battuta, il calcio di rigore decisivo. Insegue l’efficienza, più che l’efficacia. Porta gli atleti a giocare il momento decisivo avendo ancora benzina nel loro serbatoio. “Posso provare a sperimentarmi per scoprire qualcosa di me che prima non conoscevo o a cui non avevo pensato – ha scritto Sinner nella prefazione – È un allenamento che mi ha portato ad avere una maggiore consapevolezza di me stesso, del mio potenziale e delle aree dove potevo ulteriormente migliorare, esattamente quello che cercavo”.

Jannik utilizza un joystick per sottoporsi ai test computerizzati di Formula Medicine, esercizi studiati ad hoc monitorando le performance ed associandole alle linee del suo consumo cerebrale (attraverso una fascia frontale) e del battito cardiaco. Un allenamento che punta a creare situazioni che permettano di percepire sensazioni come rabbia, sconforto, stanchezza, calma, efficacia. “L’energia è come la benzina, come i soldi – spiega Ceccarelli – il nostro sistema trasforma in dati oggettivi il consumo di energia che facciamo durante la giornata o l’attività. Sviluppi la percezione dell’energia che spendi, capisci se la sprechi o la utilizzi. Impari a vincere senza gettare i soldi dalla finestra. Il primo passo della nostra Mental economy training sta nella autoconsapevolezza, il punto di partenza imprescindibile per arrivare a costruire il “consumometro virtuale”. Grazie a essa potremo capire quando e come sprechiamo le nostre risorse mentali e come possiamo impostare il percorso a noi idoneo per riuscire ad agire in modo efficiente in ogni circostanza. Con Jannik, come con gli altri atleti, lavoriamo molto su quella che chiamiamo self awareness ovvero lo sviluppo di una profonda conoscenza di se stesso. Inoltre lavoriamo sul concetto e sulla gestione dell’automatismo e della elaborazione cognitiva perché la prima rappresenta l’istinto della giocata, collegata ad una reazione che scatta in pochi centesimi di secondo, la seconda l’elaborazione della tattica di gioco – racconta il dottor Ceccarelli – Solo così impari a conoscere come funziona il tuo cervello. In questo aspetto raramente ho visto un ragazzo così determinato e maturo, nonostante l’età. Se questo percorso sta dando dei frutti gran parte del merito è suo perché è disposto a mettersi in discussione per raggiungere i suoi obiettivi. Chi non si applica magari avrà anche tutti gli ingredienti sul tavolo, ma non riuscirà mai a cucinare un piatto prelibato”.

Formula Medicine si è così evoluta in Mental economy training, aggiungendo agli sportivi il lavoro con manager e aziende (a Milano ha base al grattacielo Pwc a City Life). Tutto parte da uno studio realizzato dall’Università di Pisa con due eccellenze della neuroscienza, i professori Pietro Pietrini ed Emiliano Ricciardi. “Abbiamo capito qual è la differenza tra un top player e un atleta normale a livello cerebrale. Nel tennis, come in Formula 1, la performance dipende più dal cervello che dai muscoli: rispondere per tre ore a un centimetro dalla linea, una volta che il corpo è allenato, è soprattutto una questione di testa. Si dice “Mens sana in corpore sano”, ma è vero anche il contrario. Il nostro metodo è il frutto di centinaia di test sotto stress. Alleniamo i nostri atleti a diminuire il carico emotivo davanti all’errore, al rimpianto, al pensiero negativo, alla sconfitta. In soldoni: tendiamo ad eliminare lo spreco di energia mentale. Nella nostra palestra mentale, la Mental economy gym, utilizziamo uno strumento applicabile sulla fronte per misurare il dispendio energetico cerebrale, proprio allo scopo di “allenare” i nostri assistiti a sviluppare la sensibilità necessaria per percepire l’entità delle energie che utilizzano durante compiti di vario grado di difficoltà”. Tenendo a mente un concetto che Ceccarelli spiega chiaramente nel libro: “Il primo obiettivo per avere successo è quello di diventare leader di te stesso. Tutto parte dalla conoscenza di te, soprattutto delle reazioni quando esci da una zona comfort. Perché in campo ci va tu. Quando sei appiccicato su quella parete rocciosa verticale nessuno può venire ad aiutarti. Gli appigli li devi cercare tu, così come i cespugli e la via per uscire dal bosco”.

Ceccarelli e il suo team oltre che con Sinner continuano a lavorare nel mondo dei motori e recentemente anche con i discesisti canadesi e gli arbitri italiani. Perché ogni sport è diverso per preparazione fisica e muscolare, ma dal punto di vista mentale l’approccio giusto può funzionare sulla terra rossa come sull’asfalto di un circuito. “Dentro le vittorie di Sinner c’è anche un po’ di Formula 1. Il concetto è sempre lo stesso. Il talento è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Noi abbiamo tanti atleti che si perdono per strada perché non lavorano sul loro talento, non si mettono in dubbio, non vanno a cercare i piccoli dettagli che possono fare la differenza. Il metodo è lavorare su te stesso e non scaricare sempre la colpa. Mettiti in dubbio, cerca di vedere come migliorare, è qualcosa che nella mia carriera ho visto fare da campionissimi come Senna o Schumacher e ora vedo in Verstappen. Persone che si sanno gestire, che sono consapevoli del loro potenziale e lavorano per sfruttarlo al massimo”. Esattamente quello che fa Sinner, sempre alla ricerca di un dettaglio da migliorare, di difetto da limare.

Ma a chi lo paragonerebbe Ceccarelli tra i tanti campioni che ha conosciuto? “Lo accosto ad Ayrton Senna che era un grande campione, ma anche una persona speciale dietro le quinte. Una persona semplice, educata, semplice che sapeva rispettare le persone attorno a lui. E non è sempre così con i campioni che spesso sono egoisti e egocentrici. Jannik invece è quello che con naturalezza tiene l’ombrello al raccattapalle, porta l’acqua allo spettatore che sta male. È un cannibale in campo, ma fuori è un ragazzo sorridente, gentile che sa dare valore alle piccole cose e dà valore all’amicizia, al rispetto. Ayrton era carismatico e Jannik lo stesso, lo era ancora prima di diventare numero uno al mondo”. Una persona che entra nel cuore della gente usando il cervello più che i muscoli. “Per me Jannik rappresenta l’esempio al quale ogni giovane dovrebbe ispirarsi, e non intendo solo nel tennis o più in generale nello sport, intendo nella vita sociale e in quella lavorativa”.

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