Consigli, indiscrezioni, venticelli e autocandidature alla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia. “Il Csc è un posto dove per fare una fotocopia ci s’impiega una settimana – dicono fonti interne – ed è meglio un manager culturale di un attore”
Roma. E’ la prima vera nomina dopo un decollo turbolento. La prima investitura che il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, non può sbagliare dopo le dimissioni di Sergio Castellitto dalla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia. Ed ecco quindi che il tanto atteso mandato di presidente della scuola e cineteca nazionale diventa esso stesso cinema. Film d’azione, con consuete punte di surrealismo, il cui innesco sono le dimissioni di Castellitto. Dell’attore e regista, assurto alla carica poco più d’un anno fa, che “pur tenendo molto al suo profilo ecumenico, diciamo pure terzista – così raccontano fonti interne al Csc – non è riuscito a sopportare gli attacchi da sinistra e le pressioni d’un carrozzone che somiglia molto all’Atac. Con la differenza che al posto dei bus, qui, ci sono i film”.
Sicché con Castellitto che leva le tende, comincia lo spettacolo. Comincia il plot del ministro Giuli alle prese col grattacapo di nominare l’uomo giusto (o la donna, chissà) cui seguono, come da copione, i consigli, le indiscrezioni, i venticelli e persino gli auto inviti e le candidature. Federico Mollicone, deputato FdI nonché presidente della Commissione Cultura alla Camera, non ha dubbi: “Basta con gli attori, i registi, gli uomini dello spettacolo! – dice al Foglio – Al Csc, dopo Castellitto, ci vuole un tecnico. Qualcuno che sappia amministrare e non diventi un magnete di riflettori e conseguenti polemiche”.
E fintanto che il ministro smentisce un’indiscrezione dopo l’altra (Francesco Rutelli, Michele Placido) e ribadisce che è “tutto aperto, tutto prematuro, tutto privo di fondamento e tutto ancora nelle mani di Castellitto per l’ordinaria amministrazione”, ecco che la short list si riempie di autoinviti e speranze. Luca Barbareschi, regista, attore, conduttore, deputato Pdl con finale finiano dal 2008 al 2013, attualmente ballerino di Milly Carlucci (non proprio il target di Mollicone), si dice pronto al Csc al prezzo di qualsiasi pressione mediatica: “Insegnare ai ragazzi è una cosa che mi manca nella vita”… Barbareschi è pronto ma nel mentre fermentano gli auspici degli insider. I quali, dal Csc, stimano che il rovello di Giuli s’estingua nel giro di una settimana: “A tirarla per le lunghe diventa un problema d’immagine per il ministro”. E sperano, anche loro, che il nuovo presidente sia un manager. O – perché no – qualcuno estratto dall’attuale Cda come l’avvocata Cristiana Massaro, “tanto in gamba – dicono – quanto misteriosa” e dunque lontana dall’hype che avrebbe condizionato l’attuale presidente alle dimissioni. Sergio Castellitto che, pur avendo mantenuto i corsi di recitazione di Alba Rohrwacher senza sostituirla con Pino Insegno, non avrebbe retto l’accusa d’intelligenza con il nemico.
Tra gli altri nomi che circolano, comunque, ci sono quelli del critico cinematografico Pedro Armocida (che smentisce) e di Pietro Valsecchi, produttore anche per le reti Mediaset, che sempre secondo le fonti interne al Csc sarebbe un nome dal sen fuggito. Auspicabile, certo, ma tecnicamente impossibile. Non foss’altro perché “questo è un posto dove per fare una fotocopia ci s’impiega una settimana… E nominare Valsecchi sarebbe come mettere Elon Musk alla presidenza dell’Atac”.